The Last Remnant – Recensione | Rolling Stone Italia
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The Last Remnant – Recensione

Il gioco di ruolo che doveva cambiare il mondo e non l’ha fatto ci riprova su Switch. Invano anche questa volta

Il Morale è una statistica che condiziona l’efficacia in battaglia. Altre invece ci sono risultate incomprensibili ancora oggi.

Uno dei motivi che ci ha portato a catalogare l’E3 che si è appena concluso come uno dei meno emozionanti di sempre è il rifiuto totale dell’industria per il nuovo modello di presentazione dei prodotti ormai trasversale a tutti i settori tecnologici. Quello del available now. Al videogiocatore invece tocca sempre aspettare mesi, più spesso anni, prima di mettere le mani sull’oggetto del proprio desiderio. E ormai l’andazzo lo conosciamo tutti. Qualunque progetto, anche il più grandioso sulla carta, passa attraverso una sequenza di ritardi e downgrade che amplificano il distacco tra aspettative e realtà. A essere onesti, però, un’eccezione c’è stata.

Nel mondo di gioco gli umani convivono con altre razze antropomorfe, senza tuttavia particolari spiegazioni.

Chi se lo sarebbe mai aspettato

Subito dopo la presentazione sul palco della conferenza Square Enix, la versione rimasterizzata di The Last Remnant è diventata disponibile sul eshop Nintendo in versione Switch. Se non ci avete visto saltare in piedi sulle sedie e spellarci le mani a forza di applausi il motivo è semplice: si tratta di un gioco uscito più di 10 anni fa, su Xbox 360, e già rimasterizzato senza clamori lo scorso anno su PS4. Non esattamente una primizia. E nemmeno un classico, benché nei progetti Square all’epoca avrebbe dovuto rappresentare uno spartiacque per il genere dei giochi di ruoli orientali. La distanza tra ambizione e risultato finale tuttavia si misura già nella trama. La struttura è quella della classica opera fantasy, con venature sci-fi, ad ampio respiro, in cui quella che all’apparenza sembra un’avventura circoscritta allarga poi i propri confini fino divenire uno scontro con una minaccia di proporzioni fuori scala, dove in gioco non c’è la sconfitta dell’eroe, ma la sopravvivenza dell’intero universo. Nel caso di The Last Remnant, tutto inizia con il rapimento di Irina, sorella del protagonista Rush Sykes. Dietro il gesto tuttavia si scopre esserci uno stregone interessato ai Remnant, potenti artefatti usati come armi di cui i genitori di Rush sono eminenti studiosi.

La grafica è molto buona, in particolare gli effetti di luce, ma il framerate soffre ancora dei problemi della versione originale.

Take me out to the ballgame

Come facilmente intuibile, la catena di eventi innescata dal rapimento condurrà ben presto a uno conflitto su larga scala. Non solo per la guerra che incombe sulle città-stato dell’universo narrativo del gioco, ma anche per gli scontri a turni che rappresentano la caratteristica più rimarcata di The Last Remnant. Invece del solito party composto al più da una mezza dozzina di elementi, il gioco Square mette il giocatore al comando di gruppi ben più nutriti. Per risolvere le ovvie difficoltà sul campo di battaglia, al giocatore non viene richiesto di controllare ogni singolo elemento ai suoi ordini, ma piuttosto dei battaglioni, impartendo a ciascuno degli ordini generici. Si tratta senza dubbio di un approccio originale, che consente di affrontare in maniera decisamente più tattica gli scontri, spostando ad esempio le truppe per sorprendere i nemici sul fianco scoperto. La contropartita da pagare è riassumibile in una certa vaghezza delle opzioni a disposizione che non sempre porta le truppe a mettere in pratica sul campo di battaglia ciò che avevamo in mente. D’altra parte, e non credo di fare spoiler, se a dieci anni di distanza questo combat system non ha preso piede, ci sarà stato un motivo. E se a questo punto vi state chiedendo più in generale perché The Last Remnant non sia diventato quel classico senza tempo che aveva in mente Square, questo remaster è un buon promemoria di tutto ciò che non ha funzionato. L’idea era quella di creare un nuovo paradigma capace di fare da ponte tra occidente ed oriente, ma l’eccessiva complicazione di ogni meccanica ha sortito l’effetto contrario. Limitandosi alle indicazioni all’interno del gioco, ovvero senza consultare guide online, almeno metà tra barre, indicatori e statistiche risultano per lo più indecifrabili, nonostante questa versione conservi gli aggiustamenti introdotti tramite patch negli anni passati.

Dieci anni dopo, The Last Remnant viene ricordato come un JRPG non riuscito fino in fono, e la remaster non cambierà le cose.

For it’s one, two, three strikes you’re out!

L’ultima domanda a cui rispondere è il perché di un’operazione simile, fuori tempo massimo e slegata da qualunque tipo di richiesta da parte del pubblico. La sola risposta possibile è che su Switch oggi qualunque proposta riesce ad avere un ritorno commerciale seppur minimo, per cui una conversione poco costosa può valere comunque la candela. Ma se dieci anni fa The Last Remant poteva apparire come un titolo che provava a dire qualcosa di nuovo, seppur limitato da una serie di scelte di design discutibili, oggi ci sono davvero poche ragioni oltre l’archeologia videoludica per approcciarlo, anche al prezzo budget a cui viene giustamente proposto.

 

Produttore: Square Enix

Distributore: Square Enix

Lo puoi giocare su: Switch