Stranger Things 2, la recensione | Rolling Stone Italia
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‘Stranger Things 2’ e gli anni ’80 per millennials

Chi ha adorato la prima stagione non potrà che amare la seconda, ma c'è chi resterà con la sensazione di essere stato piacevolmente abbindolato

Stranger Things 2 | Official Final Trailer | Netflix

Ora che la serie tv più ammantata d’hype dell’anno è (quasi) tornata, forse potremo capire: Stranger Things ci è, o ci fa? È un capolavoro, o una fuffa per questi tempi distratti? È un geniale prodotto di atmosfera che ha saputo appropriarsi dello zeitgeist culturale del momento (l’ode agli anni ’80, il ritorno del B-movie, le storie con ragazzini), oppure un saccheggio spudorato di decine di onesti horror e varia cultura nerd? Più che un sentito richiamo alla nostalgia per una generazione di pre- e post-trentenni, la serie potrebbe anche essere vista una cinica (ma raffinata) operazione di marketing – un po’ come la recente, bizzarra campagna di Gucci ispirata film sci-fi anni ’50, tanto per fare un esempio: efficace, ma che fa nascere un senso di appropriazione rubata tra i veri nerd, o quelli che si sentono tali.

(La seconda stagione di Stranger Things si svolge nel 1984. Nel 1984 i Duffer Brothers, i misteriosi registi e sceneggiatori della serie, avevano 0 anni – cioè, nascevano. Ognuno processi questa informazione come meglio crede)

Perché, insomma, la prima stagione era piaciuta davvero a tutti (compresa la redazione di Rolling Stone, al completo o quasi). Ma qualcuno ha avuto la sensazione che in fondo giocasse facile, con i nostri delicati sentimenti.

E questo sospetto, dobbiamo essere sinceri, non se n’è andato nemmeno dopo avere visto i nove episodi della seconda stagione. Certo, non doveva essere facile ripartire trovandosi davanti tanta aspettativa – prima della prima stagione, nessuno sapeva nemmeno chi fossero, questi fratelli Duffer. E nel giro di un anno un prodotto a (relativamente) basso budget iniziale si è trasformato in una delle serie di punta di Netflix. Questa improvvisa ricchezza è visibile nella seconda stagione, in cui tutto è più grandioso. A partire dalle dimensioni del mostro.

Quindi, questa stagione di Stranger Things cerca di espandere le tante domande rimaste aperte alla fine della precedente. Siamo ancora nella fittizia cittadina di Hawkins, Indiana, circa un anno dopo il ritorno di Will (Noah Schnapp) dal cosiddetto “Sottosopra”, la dimensione da incubo che si è aperta sul nostro mondo dopo un incidente “scientifico” (dicono sempre così) presso l’università locale. Adesso tutti i personaggi stanno cercando di tornare alla normalità, ma non è così facile. Hawkins continua a non essere un posto accogliente per chi è un diverso dalla massa delle persone, un tema vecchio come i film a cui la serie si ispira, ma tornato caldo di recente in prodotti narrativi come TrediciThe Mist It.

Will soffre di visioni, durante le quali si ritrova improvvisamente nel “Sottosopra” (o forse nel mondo normale del futuro, che è stato conquistato dalla sua versione dark): un enorme mostro d’ombra, tentacolare e lovecraftiano, di “puro male” come lo descrive Will, incombe su Hawkins. Sua mamma Joyce (interpretata in modo sempre un po’ troppo nevrotico, ma comunque adorabile, dall’amore adolescenziale di tutti noi: Winona Ryder) cerca di trovare una parvenza di famiglia insieme al noioso ma rassicurante/pacioccone Bob (Sean Astin, ex Goonies, altra icona anni ’80). Nancy (Natalia Dyer) e il fidanzato cotonato/belloccio Steve (Joe Keery), faticano a tornare alla vita di tutti i giorni, quando sono gli unici a conoscere la sorte dell’amica Barbara, uccisa dal mostro della prima stagione.

La band di amici inseparabili formata da Will, Mike (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo) e Lucas (Caleb McLaughlin) – calco di Stand By Me – è alle prese con un fichissimo nuovo arrivo in città, Max (Sadie Sink): una ragazzina dai capelli rossi asso dei videogames, che va in skate e si accompagna a uno psicopatico (forse è il fratello, forse no) uguale a Jared Leto con il mullet. Ma soprattutto, e ci avviciniamo al cuore della serie, Mike è inconsolabile senza Eleven (Millie Bobby Brown), la ragazzina dai poteri psichici scomparsa alla fine della prima stagione. Will continua a cercarla sul walkie talkie, ma è inutile.

E Eleven? Eleven è viva (lo sapevamo già dai trailer). Per evitare spoiler non possiamo rivelare dove è stata durante l’anno che è trascorso, ma vi basti sapere che è lei la vera protagonista di questa stagione, e attraverso i numerosi flashback possiamo conoscere alcuni dettagli del suo passato. Eleven sta crescendo, è arrabbiata, e le manca Mike. Aspettatevi grandi cose da lei.

Quindi Stranger Things ci è, o ci fa? Chi ha adorato senza riserve la prima stagione non potrà che amare anche questa, che non ha perso nulla se non, inevitabilmente, l’effetto sorpresa. Chi invece ha qualche dubbio che questa serie – perfetta per i millennials – sia un po’ troppo derivativa chi ha amato in prima persona i meravigliosi filmacci che Stranger Things saccheggia con arte, allora resterà anche questa volta con la sensazione di essere stato piacevolmente abbindolato.

Ci sono esperienze peggiori.