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‘Star Wars: Episodio IX’ è il finale grandioso e imperfetto di una saga lunga decenni

'L'ascesa di Skywalker' dividerà il pubblico e i fan, ma conclude la storia degli Skywalker senza tradirne lo spirito
3.5 / 5

Non importa se eravate al cinema quando nel 1977 George Lucas scatenò nelle sale il suo colosso culturale, o se avete fatto una maratona l’altra sera sullo smartphone, Star Wars è ineluttabile – così come l’idea di ignorare il nono (e, così dicono, ultimo) episodio della saga. E ora che è in sala, tutto quello che resta è la corsa per giudicare il lavoro di J.J. Abrams, capire cioè se è riuscito a fare in modo che L’ascesa di Skywalker sia tutto quello che volevate e di cui avevate bisogno. Risposta breve: ovviamente non lo è.

Accontentare tutti i fan di Star Wars è un lavoro impossibile e per riuscirci Abrams, che ha aperto la nuova trilogia con Il risveglio della forza, si è ritrovato costretto a sovraccaricare il suo film di informazioni. Il risultato è spesso puro caos, ma allo stesso tempo è un’avventura euforica e luccicante, intrisa di cuore e ironia. Ovviamente l’analizzerete fino ai minimi dettagli con tutti i vostri amici. Ma è questo il punto. Quando si tratta del fandom di Star Wars, le polemiche sono importanti quanto l’amore.

Ovviamente avrete un sacco di domande sulla trama: Chi vive, chi muore? Rey (Daisy Ridley) si unirà a Kylo REN (Adam Driver) e al lato oscuro della Forza? La ship Reylo diventerà realtà? Ci sarà un bacio epico? Chi sono i genitori di Rey? Com’è possibile che Carrie Fisher, morta nel 2016, sia ancora in scena nei panni della Principessa Leia? I fantasmi di Han (Harrison Ford) e Luke (Mark Hamill) – che ora è tutt’uno con la Forza – appariranno nel finale? Episodio IX è davvero il finale? Risposta: a me non sembra proprio la fine. Se dovessi dire qualcosa in più, mi ritroverei i guardiani degli spoiler alla porta.

Sappiate questo: non c’è Baby Yoda (accontentiamoci di The Mandalorian). L’ascesa di Skywalker ha una fantastica battaglia tra Rey e Kylo. Usano le spade laser (ora e per sempre l’arma più figa che ci sia). Kylo, ancora alle prese con il suo fetish per l’elmo di Nonno Vader, è arrabbiato perché Rey ha scelto la Resistenza, e non vuole “prendere la sua mano” (usa proprio queste parole) per diventare leader supremi dell’orrendo Primo Ordine. “Ho ucciso Snooke”, ringhia Kylo, “e ucciderò anche te”. Non fa sul serio. O forse sì? Prende ancora ordini dal pallido e incappucciato Imperatore Palpatine (Ian McDiarmid), determinato ad avere Rey tra le sue grinfie prima che possa completare l’addestramento Jedi, o che Kylo le si avvicini troppo. Driver è straordinario e dà profondità al conflitto interiore di Kylo, che una volta era Ben Solo, figlio di Han e Leia. La sua presenza tormentata è il centro del film.

La genealogia è una cosa seria nel mondo di Star Wars. Rey non sa ancora chi siano i suoi genitori (lo scoprirà presto), ma è fedele a Leia, adesso generale. Grazie al materiale non utilizzato delle riprese degli Ultimi Jedi, il capitolo iper divisivo girato da Rian Johnson, Fisher è di nuovo in scena, e la sua presenza vi strapperà qualche lacrima. È commovente vederla mentre cede il posto a Rey, la protagonista dell’ascesa che racconta il film. E Ridley trova finalmente il suo ruolo, una combattente alla ricerca di se stessa che impara che non c’è trucco da Jedi che batta il suo istinto.

La trama che Abrams ha costruito con il co-sceneggiatore Chris Terrio si basa sul fatto che Rey e la Resistenza hanno bisogno di un cristallo che li guidi verso Exegol, la terra dimenticata dei Sith, dove Palpatine vuole diventare il leader del Final Order. Avete capito la citazione? Non importa. È solo una scusa per rimettere in scena tutti i nostri eroi: Chewie, R2-D2, C-3PO e BB8. Finn (John Boyega), l’ex stormtrooper che si è ribellato al Lato Oscuro, non ha molto da fare. Oscar Isaac cazzeggia e guida astronavi nel ruolo del pilota Poe Dameron, ma il suo personaggio ricorda troppo Han Solo, e il flirt con Zorii Bliss (Keri Russell) sembra un po’ fuori luogo. La trama decolla quando Billy Dee Williams, 83 anni, torna nei panni di Lando Calrissian, il generale arrogante che non vedevamo dal Ritorno dello Jedi del 1983.

Fare paragoni con le vecchie storie di Star Wars – non parliamo dell’atroce e noiosa trilogia prequel che Lucas ci ha imposto a partire dal 1999 – non fa bene al capitolo finale. Ma al centro di questo film c’è un tema affascinante: l’Imperatore vuole che i Jedi si sentano soli nella galassia, e incapaci di resistere. Anche uno Wookie avrà notato il riferimento a Trump. E non c’è dubbio che Abrams tratti l’eredità del passato con la riverenza del fanboy: i combattimenti tra X Wings, le spade laser, il cameratismo. Lucas, di recente, si è detto deluso dal Risveglio della forza, che ha definito un remake di Una nuova speranza. Altri, invece, non perdoneranno mai Johnson per aver trasformato Luke in un folle nichilista in stile Apocalypse Now. Rieccoci a litigare. Con tutti i suoi difetti, L’ascesa di Skywalker si è conquistato un posto nella storia del nostro cinema e, quando Rey e Kylo sono sullo schermo, anche nei nostri cuori.

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