'Scary Stories to Tell in the Dark' è un corso accelerato di horror contemporaneo | Rolling Stone Italia
Recensioni

‘Scary Stories to Tell in the Dark’ è un corso accelerato di horror contemporaneo

Il film girato da André Øvredal e prodotto da Guillermo del Toro trasforma la raccolta di Alvin Schwartz in una lezione perfetta per far scoprire ai più piccoli le gioie dell'orrore

Natalie Ganzhorn in 'Scary Stories to Tell in the Dark.

Foto: Courtesy of CBS Films

“Raccontiamo storie per sopravvivere”, ha detto una volta una donna saggia. E, a volte, raccontiamo storie per spaventarci a morte. Come quella del ragazzino che continua a picchiare uno spaventapasseri in un campo di grano – finché una notte lo spaventapasseri decide di ricambiare il favore. O la leggenda metropolitana di quella ragazzina che scopre un brufolo che beh, non è proprio un brufolo (pensate alle uova dei ragni). Oppure il racconto sul Jangling Man, che… meglio non dire altro. Alcune storie è meglio non raccontarle.

Tutte queste storie spaventose sono raccontate in Scary Stories to Tell in the Dark, adattamento per il grande schermo dell’antologia da brivido di Alvin Schwartz, un trionfo di cadaveri rimescolati, spettri e il caro vecchio maniaco omicida. Un po’ folklore da falò, un po’ storielle in stile E.C. Comics, i racconti, e le terrificanti illustrazioni di Stephen Gammell, hanno spaventato tre generazioni di giovani lettori. Funzionavano splendidamente come corso d’introduzione al macabro; se siete cresciuti negli anni ’80 e la vostra scuola non vietava questi libri, allora probabilmente è stato proprio Schwartz a mostrare alle vostre menti impressionabili la gioia che si prova dopo un brivido lungo la schiena.

Ed è proprio questo l’obiettivo del film diretto da André Øvredal e prodotto da Guillermo del Toro. (Non è una sorpresa che il regista de La forma dell’acqua sia dietro a questo progetto; siamo sicuri che nello studio di Del Toro siano appesi parecchi disegni di Gammell). Non solo: l’aderenza alle atmosfere grottesche del libro aiuta a superare quel guazzabuglio che è la struttura della pellicola. È il 1968, il turbolento anno zero dell’America del 20esimo secolo. Nixon parla del Vietnam in televisione; La notte dei morti viventi è nei drive-in. Nella piccola cittadina di Mill Valley, Pennsylvania, Halloween è ancora una festa innocente in cui i ragazzini si travestono da streghe o clown – scusate, da Pierrot – e lanciano sacchetti di cacca ai bulli della scuola locale.

Così fanno Chuck (Austin Zajur), Auggie (Gabriel Rush) e Stella (Zoe Margaret Colletti – ricordate questo nome), puniscono il cretino in giacca sportiva (Austin Abrams) obiettivo della loro rivincita. Alla fine, il bullo e i suoi tre scagnozzi inseguono i tre ragazzi insieme a Ramon (Michael Garza), un giovane che ha le sue ragioni per fare un giro in città (e in una vecchia casa oscura). La leggenda vuole che la decrepita Villa Bellows abbia dato casa a Sarah Bellows, una ragazza vissuta alla fine dell’800 e impazzita per colpa della sua famiglia. Forse praticava la magia nera. E teneva una specie di diario, dove appuntava storie di omicidi scritte con il sangue. Ancora peggio, queste storie hanno una preoccupante tendenza ad avverarsi. “Non siete voi a leggere il libro”, dice Stella solennemente. “È il libro che legge voi”.

Che entrino in scena i ragni, fuoriusciti dal volto della sorella di Auggie! Ecco “Harold”, l’uomo di paglia con una vendetta da compiere! Date il benvenuto al cadavere che ha perso un alluce! E cosa dire di quel sogno da cui è impossibile svegliarsi in cui una figura pallida e corpulenta vi insegue lungo un corridoio rosso sangue? Il film mette insieme una sorta di greatest hits dei mostri della serie. Ogni tanto va in scena anche un po’ di horror realistico e contemporaneo, sequenze che ci ricordano la follia collettiva che viviamo in questi anni.

È tutto divertente e da brivido, ma non abbastanza da ignorare quanto il film sia in realtà generico e sgangherato, con un finale che potremmo riassumere con le domande “Chi vive, chi muore, chi racconta la tua storia?” e che non basta a collegare tutti i momenti come probabilmente immaginavano gli autori. Ma qui la narrativa e la tecnica sono piccolezze, aspetti secondari. È il titolo a stabilire il tenore dell’opera – una raccolta di storie che i ragazzini possono raccontarsi sussurrando con una torcia elettrica a illuminargli il volto e grande determinazione a terrorizzare i vicini. Il problema è che Scary Stories to Tell in the Dark verrà visto solo dagli amanti del genere o da quarantenni nostalgici. È il target demografico sbagliato. Fate un favore ai vostri figli e portateli al cinema a vedere questo film. È il modo perfetto per togliere le ruote dalle loro biciclette e fargli esplorare le meraviglie dell’horror.

Altre notizie su:  Guillermo Del Toro