Rkomi scrive bene come pochi altri | Rolling Stone Italia
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Rkomi scrive bene come pochi altri

Fra featuring di lusso con Sfera, Ghali, Jovanotti ed Elisa, il rapper con il nome al riocontra si mostra sempre più brillante, levandosi di dosso anche la patina malinconica

Qualcuno ha già coniato il termine trapop? Perché siamo ufficialmente arrivati al punto in cui è necessario parlare di trap convertita al pop, proprio quello più autentico.

Ci stavamo girando intorno da un po’ e alla fine ci è voluto Dove gli occhi non arrivano per l’approdo definitivo dell’autotune nei salotti che contano. È una bella notizia che sia stato Rkomi a portarcelo, almeno per chi, come me, ha seguito la sua parabola con il distacco di uno che non sta particolarmente in fissa con la trap, ma l’ha preso in simpatia perché potrebbe essere un fratello minore che smanetta con le rime meglio di tutti e non riempie le canzoni di insulti sessisti, né canta biascicando come uno con la lingua anestetizzata appena uscito dal dentista.

D’altra parte la massima “dalle stalle alle stelle” e la tensione verso la svolta, il fare i soldi e successo, ricorrenti nelle istruzioni per uso della trap – ma prima ancora ovviamente accadeva nel rap – non vietano da nessuna parte di fare per davvero quel successo e arrivare a duettare con Elisa e Jovanotti, due che anagraficamente potrebbero essere gli zii dei più giovani ascoltatori di Rkomi. Se non altro la situazione è chiara praticamente da subito, già nella title-track di apertura si capisce che la Zona Quattro è lontana, anche se come pezzo potrebbe anche camuffarsi tra quelli più cantabili di Io in terra.

A fugare ogni dubbio ci pensa la seconda traccia, Blu, in cui appunto Elisa sforna un altro dei suoi ritornelli da tormentone con tanto di “uoooaaah uooooah”. La vita da strada raccontata in Dasein Sollen è un ricordo lontano e per lunghi tratti è difficile anche parlare di rap e di beat, visto che prevalgono le tastiere e le chitarre, il che potrebbe non significare niente finché le rime girano, Rkomi scrive ancora bene come pochi altri e spinge forte sull’acceleratore – vedi Gioco, che è uno dei pochi appigli per i fan della prima ora – ma ci vorrà un po’ ad assorbire il passaggio tra il featuring con il veterano Noyz Narcos e quello con Jovanotti di Canzone, perché da “in quattro nella Panda dar ’94/ spacco la traccia co’ uno der ’94” a “canzone cambiami l’umore, canzone cambiami la testa, perché dentro ho mille persone, ma da fuori vedi solo questa” il passo è davvero lungo.

Sotto questa prospettiva gli altri featuring di lusso con il meglio della sua generazione – Sfera Ebbasta, Ghali, Carl Brave – passano quasi in secondo piano e sembrano più dei contrappesi per rendere questa trasformazione un po’ meno traumatica per quelli nati dopo il 2000, che però è bene che facciano subito i conti con le disillusioni della vita e la dura legge del mercato, che segue ancora le stesse regole che hanno spezzato il cuore anche a tutti quelli venuti prima.

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