‘Ratched’: una origin story che di originale non ha niente | Rolling Stone Italia
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‘Ratched’: una origin story che di originale non ha niente

Per la sua nuova serie horror-mélo, Ryan Murphy si ispira alla cattivissima infermiera di ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’. Ma, nonostante Sarah Paulson e tutto il cast, i pezzi non stanno insieme

Sarah Paulson e Judy Davis in ‘Ratched’

Foto: Saeed Adyani/Netflix

Nel 1976, Qualcuno volò sul nido del cuculo divenne il secondo film nella storia a vincere i cinque Oscar maggiori: miglior film; miglior regia a Miloš Forman; miglior sceneggiatura (non originale) a Bo Goldman e Lawrence Hauben, che adattarono il romanzo di Ken Kesey; e miglior attore e attrice protagonisti, rispettivamente a Jack Nicholson, nei panni del paziente psichiatrico ribelle Randle Patrick McMurphy, e Louise Fletcher, in quelli della fredda e spietata infermiera Ratched. Qualcuno volò sul nido del cuculo trionfò in una notte affollata di titoli che sarebbero diventati classici senza tempo: Nashville, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Barry Lyndon e un “piccolo” successo estivo di nome Lo squalo.

Ora arriva su Netflix Ratched, creata da Evan Romansky e prodotta da Ryan Murphy. La serie è dichiaratamente pensata per offrire a Ratched la sua origin story. Le viene assegnato il nome di battesimo di Mildred e il volto dell’attrice-feticcio di Murphy, Sarah Paulson. Ma il risultato, ad essere sinceri, fa uno strano effetto. Oggi le origin story sono di gran moda, anche quelle relative a personaggi che la maggior parte degli spettatori under-50 manco conosce; e persino quelle che dimostrano un interesse molto remoto nel personaggio di partenza e nella sua stessa “origine” (vedi il nuovo Perry Mason, che mette l’acceleratore nella parte cruciale in cui il protagonista diventa avvocato). Ma, sia nel libro sia nel film, l’infermiera Ratched resta volutamente imperscrutabile: più che una persona, è il simbolo di come la società faccia a pezzi l’individuo in nome del conformismo a tutti i costi. Cercare perciò di spiegare chi è Ratched e perché è diventata la donna che tormenta McMurphy sembra del tutto irrilevante. Sarebbe come produrre una serie sulla rotta che ha portato lo squalo di Spielberg fino ad Amity Island.

Fortunatamente o sfortunatamente, Romansky, Murphy e i loro collaboratori non sembrano particolarmente interessati a tratteggiare la linea che collega la versione di Kesey e di Forman alla loro personale visione. Solo Paulson infonde un po’ di “fletcherismo” nelle primissime scene, quando viene introdotta come una bisbetica repressa che vede pensieri libidinosi e azioni spregevoli in chiunque le si pari di fronte: «La sua tumescenza deve averla distratta, signore», dice al benzinaio con un evidente rigonfiamento nei pantaloni. Ma più la serie va avanti, meno elementi sembrano ricondurre anche solo vagamente la protagonista al materiale di partenza. Il fatto è che, proprio come per Perry Mason, alla platea di riferimento di questa serie non frega nulla del Cuculo. Il problema principale di Ratched non è l’essere una origin story inutile e sbilenca su un’icona del cinema: è che funziona malamente anche come storia a sé, anche se ignori l’originale e ti approcci a questo personaggio come se fosse del tutto inedito.

Ratched | Final Trailer | Netflix

Il riferimento stilistico qui non è Miloš Forman, ma Alfred Hitchcock. O quantomeno il tono hitchcockiano di film come Il talento di Mr. Ripley, unito al solito mélo anni ’50 alla Douglas Sirk. Siamo nel 1947, e la storia non comincia con Mildred, ma con il truculento omicidio di un gruppo di preti per mano di Edmund Tolleson (Finn Wittrock, un altro habitué di Murphy). In attesa del processo, Tolleson viene condotto in un ospedale psichiatrico sulla costa della California: e chi sta arrivando proprio lì a chiedere un posto da infermiera?

Dopo l’incontro con il benzinaio arrapato, Ratched dimostra di essere, prima ancora che una bigotta, un’abilissima manipolatrice. Una donna capace di dire qualsiasi cosa, trasformarsi in qualsiasi cosa, fare qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che vuole (e ciò che la narrazione vuole, visto che il suo carattere cambia di puntata in puntata, se non di scena in scena). A volte Ratched è una femme fatale; altre, sembra totalmente ingenua; altre ancora, è un mostro senza pietà, oppure una vittima dei suoi stessi traumi più segreti. Non c’è nulla che stia insieme nel suo ritratto, soprattutto negli episodi finali, quando gli altri personaggi scoprono chi è realmente Mildred e spesso non reagiscono come dovrebbero. Paulson è sufficientemente talentuosa e versatile per risultare, almeno di tanto in tanto, convincente: ma il personaggio di per sé non ha alcun senso.

La totale assenza d’ironia nella performance di Paulson è uno degli aspetti che la avvicinano di più alla Ratched di Louise Fletcher. Ma è anche una zavorra, in una serie che aspira a un umorismo dell’assurdo totalmente camp. Il notevole cast include, tra gli altri: il veterano di Broadway (nonché volto di American Crime Story) Jon Jon Briones, alias il direttore dell’ospedale (e apparentemente unico medico); Cynthia Nixon, nel ruolo dell’assistente del governatore della California, a sua volta interpretato da Vincent D’Onofrio; Judy Davis è invece la capo-infermiera giustamente sospettosa nei confronti di Ratched; Corey Stoll il misterioso vicino di stanza di Mildred; Sophie Okonedo una paziente che soffre di personalità multipla; e Sharon Stone (la nuova Jessica Lange nell’universo-Murphy?) una milionaria in cerca di vendetta. Non tutti sembrano far parte della stessa serie, ma certo è che Paulson è la più fuori posto: gli altri almeno hanno in comune uno humour che a lei sembra estraneo.

O almeno si spera che ci sia dell’ironia, in tutto questo. Il personaggio di Stone va in giro con una scimmietta vestita come lei sulla spalla (e la scimmietta è la figura che avrà l’arco narrativo più soddisfacente dell’intera serie). Le stanze art déco della clinica (merito della scenografa Judy Becker) e i costumi (di Lou Eyrich e Rebecca Guzzi) hanno tutti colori accesissimi, che si insanguinano (letteralmente) ancora di più quando esplode una violenza che pare uscita dalla writers’ room di American Horror Story.

Sharon Stone, alias Lenore Osgood, e la sua scimmietta. Foto: Netflix

Ma a volte sembra che Ratched sia più affine alle serie per così dire ottimistiche di Murphy (leggi: Hollywood e Pose) che a quelle ciniche ed eccentriche come American Horror Story. Al di là di tutte le macchinazioni, le torture e gli omicidi, la serie tradisce una bizzarra e “pollyannesca” visione delle azioni dell’essere umano: non importa quanto siano brutali o scellerate, possono essere sempre perdonate, se le intenzioni sono buone. Molti degli sviluppi dei personaggi – molti dei quali pensati come incarnazioni del pregiudizio o del disprezzo di sé tristemente diffusi nella comunità gay – lasciano a bocca aperta anche più degli efferati omicidi, perché non hanno assolutamente senso rispetto a ciò che erano prima.

Il fatto che Mildred viva in un motel che affaccia sul mare non può non far pensare a Bates Motel, la serie con Freddie Highmore nei panni del giovane Norman Bates di Psycho e Vera Farmiga in quelli di Norma, la sua arcinota madre. Bates  Motel è andato incredibilmente avanti per cinque stagioni solo in virtù delle due performance principali, fino a una stagione finale che finalmente regalava con intelligenza nuova vita al materiale originale. Di Ratched è già stata annunciata una seconda stagione, ma la storia sembra non aver più nulla da dire già alla fine della prima. Ed è così distante da quella del film a cui si ispira che anche cinque stagioni potranno difficilmente portare all’incontro tra Mildred e McMurphy: sempre a patto che a Romansky e Murphy interessi arrivarci.

Che serie stramba, questa. Murphy è abituato ai fallimenti, ma nei casi precedenti, anche quando gli esiti non erano del tutto riusciti, era sempre chiaro ciò a cui era interessato. Ratched invece è un mix di ispirazioni diverse (la colonna sonora qua e là cita anche quella composta da Elmer Bernstein per Cape Fear – Il promontorio della paura di Scorsese) tenute insieme a caso e non perché funzionano davvero, pensate più come gruppo disordinato di elementi che come entità singole. L’infermiera Ratched non avrebbe sicuramente approvato il risultato.

Da Rolling Stone USA

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