Prophets of Rage, la recensione del nuovo album | Rolling Stone Italia
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Prophets of Rage, Tom Morello e quelle coscienze che non si svegliano

Il nuovo disco della band è un inno a quell'epoca in cui era facile riconoscere i buoni dai cattivi. Mica come adesso

Facciamo un salto indietro: è la primavera del 2016, negli Stati Uniti infiamma la campagna per le presidenziali e nell’opinione pubblica comincia a farsi strada un dubbio atroce: e se Trump dovesse vincere? È in questo contesto che Tom Morello, incassato l’ennesimo no da Zack De La Rocha, decide di bypassare la reunion dei Rage Against the Machine e fondare un nuovo gruppo che comprende tutti i RATM tranne il cantante e, per non sbagliarsi, pure la parola Rage nel nome.

Ma chi canta? La risposta viene trovata in Chuck D dei Public Enemy, a cui viene aggiunto anche B-Real, voce dei Cypress Hill. In pratica, ci sono tutti gli anni ’90 del fervore politico e dell’erba buona raccolti in un gruppo che, almeno all’inizio, ha come ragion d’essere di provare a svegliare le coscienze con brani di RATM, Public Enemy e Cypress Hill fusi insieme come in un dj set fatto con gli strumenti veri.

Quello che è successo dopo lo sapete tutti: Trump ha vinto, le coscienze non sono state svegliate, ma i Prophets of Rage vanno avanti e pubblicano il primo album di canzoni inedite. Il risultato suona proprio come un dj set fatto con gli strumenti veri e che mette insieme brani di RATM, Public Enemy e Cypress Hill. Insomma, non è cambiato niente, e anche se i brani sono tutti nuovi ti sembra di averli già sentiti (c’è pure il pezzo in stile West Coast sulla legalizzazione).

Se vi impegnate, riuscite a canticchiare Bulls on Parade su una buona metà dei titoli, ma non è per forza un difetto. Alla fine è un disco nostalgico per nostalgici di quell’epoca in cui era tremendamente più facile riconoscere i buoni dai cattivi. Mica come adesso, adesso è davvero un casino!

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