Powell - Sport | Rolling Stone Italia
Recensioni

Powell – Sport

Leggi la recensione del disco di Powell su Rollingstone.it

Non è facile puntare alla scoperta, specie su un sentiero già battuto in lungo e in largo come la techno, quella proprio da ballare. Perché di questo parliamo, dell’uscire dalla comfort zone del manierismo per escogitare nuovi suoni su nuovi pattern, in un’epoca dove, purtroppo o per fortuna, molte delle cose da scoprire sono state già scoperte. Che poi Oscar Powell lo faccia anche con un piglio minaccioso e inquinato qua e là da un passato industrial, quello è solo grasso che cola per chi ascolta. Sport va inteso anzitutto come una coraggiosa proposta alternativa alla musica da club, senza però avere la pretesa di proclamarsene innovatrice. Persino nel surf rock sintetico di Jonny Feat. Jonny non c’è nostalgia, ma revisionismo storico, cancellazione del passato con gli strumenti di oggi. L’ultima impressione che ci si fa di questo disco è la freakness che ricorda quasi il Mr. Oizo dei tempi di Analog Worms Attack. Gente che, chiusa in studio con un synth modulare e qualche sostanza psicotropa ti può davvero regalare emozioni.

Questa recensione è stata pubblicata su Rolling Stone di ottobre. Potete leggere l'edizione digitale della rivista, basta cliccare sulle icone che trovi qui sotto.
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Non è facile puntare alla scoperta, specie su un sentiero già battuto in lungo e in largo come la techno, quella proprio da ballare. Perché di questo parliamo, dell’uscire dalla comfort zone del manierismo per escogitare nuovi suoni su nuovi pattern, in un’epoca dove, purtroppo o per fortuna, molte delle cose da scoprire sono state già scoperte. Che poi Oscar Powell lo faccia anche
con un piglio minaccioso e inquinato qua e là da un passato industrial, quello è solo grasso che cola per chi ascolta. Sport va inteso anzitutto come una coraggiosa proposta alternativa alla musica da club, senza però avere la pretesa di proclamarsene innovatrice. Persino nel surf rock sintetico di Jonny Feat. Jonny non c’è nostalgia, ma revisionismo storico, cancellazione del passato con gli strumenti di oggi. L’ultima impressione che ci si fa di questo disco è la freakness che ricorda quasi il Mr. Oizo dei tempi di Analog Worms Attack. Gente che, chiusa in studio con un synth modulare e qualche sostanza psicotropa ti può davvero regalare emozioni.

Questa recensione è stata pubblicata su Rolling Stone di ottobre.
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