Rolling Stone Italia

Plectrumelectrum / Art Official Age

Tenete a freno l’entusiasmo; arieccolo, ehm, con un pacco doppio. Volume uno, Plectrumelectrum in cui si compiace di fare il rocker in trasferta alle giovani vixen della sua nuova band, 3rdEyeGirl; volume due, Art Official Age: in cui Prince torna solitario al funky maniero dove lo attende un altro harem per giocare in casa, da titolare. […]
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Tenete a freno l’entusiasmo; arieccolo, ehm, con un pacco doppio. Volume uno, Plectrumelectrum in cui si compiace di fare il rocker in trasferta alle giovani vixen della sua nuova band, 3rdEyeGirl; volume due, Art Official Age: in cui Prince torna solitario al funky maniero dove lo attende un altro harem per giocare in casa, da titolare.

Nell’insieme, altri due giri d’onore in uno stadio ormai semideserto: i bis auto-richiesti di un Harlem Globetrotter con trucchi parrucchi e numeri assortiti, il kamasutra delle chitarrine compresse e occasionalmente divaricate in posizioni hendrixiane, i poliritmi elettronici, le tastierine che squittiscono nel buio, la lascivia delle voci di donne giovani talentuose appena scoperte (o, come diceva Veronica? “date in pasto al drago”?).

Così, il tiepido light heavy dell’album con le 3rdEyeGirl è più pisciatina pink che Purple Rain, ma sortisce qualche spruzzo di blanda originalità, come Pretzelbodylogic: un poco di simpatico rock & roll da sdruscio con le femmine, cercando ritmo e fun come fosse un’ora di zumba, o una partita a basket con le Bangles. Almeno qui intreccia voci e fa gioco di squadra, mica come Renzi.

Più deprecabile è il girone di ritorno , nel manier(ism)o di un Prince ormai più decadente di Tyrion Lannister. Nella sua Galleria dei Luoghi Comuni, dove Ogni Cosa è Già Suonata; su Lovesexy (per dire) c’era Eye No, qui è U know, il funk lento con la voglia di scopare; la ballad midtempo discorsiva qui è Breakfast can wait, come uno Starfish & Coffee riscaldato (ghiottoneria da prima colazione in Sign O’ the Times, nel 1987), Ah, poi Way back home è la canzone carina che non c’è solo il sesso, Funkroll l’esercizio ginnico con vocina tipo Pierpaolo degli Squallor; mentre altrove c’è quello col Rapper dalla Voce Cavernosa; e poi Time è l’immancabile Ballatone da Menare il Live per l’Aia (“però dài, dal vivo Prince è sempre grandissimo” is the new “però, sti neri ci hanno il ritmo nel sangue”).

Insomma ci si stufa come in un “all you can eat” panasiatico dalle parti della stazione: ogni cosa che assaggi ti fa venire in mente una cosa migliore che hai già assaggiato altrove. Essù: se ti devi sfamare, puoi anche inghiottire il tuo finger food rifritto e stucchevole e stare zitto; ma di Prince si son già consumate (30 anni fa) abbondanti e soddisfacentissime libagioni per tutta una vita.

L’unica cosa buffa qui sono gli intermezzi Affirmation I, II e III, che sembrano come gli antichi corsi di educazione all’ascolto di Leonard Bernstein ripresi nella colonna sonora di Moonlight Kingdom di Wes Anderson, ma applicati qui a un futuribile sesso telepatico. Con la vocina femminile che inizia Mr. Nelson ai rudimenti, stile security briefing in aeroplano. Evabbè, tanti Orgasmatron a lui. E la pretzel a noi.

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