Perturbazione - Le storie che ci raccontiamo | Rolling Stone Italia
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Perturbazione – Le storie che ci raccontiamo

In una delle sue frasi più citate, Joan Didion dice che “ci raccontiamo delle storie per vivere”, restituendo all’autoinganno una sua dimensione profondamente umana. I Perturbazione chiamano Le storie che ci raccontiamo il loro ultimo album, ispirandosi più che a Didion al regista indiano Shekhar Kapur, famoso per un suo Ted Talk citato anche in […]

In una delle sue frasi più citate, Joan Didion dice che “ci raccontiamo delle storie per vivere”, restituendo all’autoinganno una sua dimensione profondamente umana. I Perturbazione chiamano Le storie che ci raccontiamo il loro ultimo album, ispirandosi più che a Didion al regista indiano Shekhar Kapur, famoso per un suo Ted Talk citato anche in coda all’ultimo pezzo, quando la voce di Emma Tricca recita (in inglese): “Le storie che ci raccontiamo sono le storie che definiscono le potenzialità della nostra esistenza”. E che storie sono? Un’epica del quotidiano sempre in bilico tra aspettative e realtà, lavori part-time, aperitivi tra amiche e feste a sorpresa. Il settimo album della band piemontese è il primo dopo Sanremo del 2014 e anche il primo registrato all’estero, a Londra, prodotto da Tommaso Colliva. Una scelta non casuale, perché alla base del disco ritroviamo le sonorità che hanno fatto la fortuna dei Perturbazione contaminate, nelle linee di basso e nella ritmica calzante dei ritornelli, da abbondanti riferimenti all’indie di oltremanica, dai Pulp agli xx, offrendo alla band un posto coerente nell’accezione che ha preso il rock alternativo in Italia nell’ultima decade. Così la voce di Tommaso Cerasuolo può convivere con sintetizzatori e drum machine (La prossima estate) o con pezzi acustici come Cara rubrica del cuore, che racconta il rituale contemporaneo degli appuntamenti al buio, la scissione tra le identità multiple inventate dietro lo schermo di un computer, ovvero forse le nuove “potenzialità della nostra esistenza”.

In una delle sue frasi più citate, Joan Didion dice che “ci raccontiamo delle storie per vivere”, restituendo all’autoinganno una sua dimensione profondamente umana. I Perturbazione chiamano Le storie che ci raccontiamo il loro ultimo album, ispirandosi più che a Didion al regista indiano Shekhar Kapur, famoso per un suo Ted Talk citato anche in coda all’ultimo pezzo, quando la voce di Emma Tricca recita (in inglese): “Le storie che ci raccontiamo sono le storie che definiscono le potenzialità della nostra esistenza”. E che storie sono? Un’epica del quotidiano sempre in bilico tra aspettative e realtà, lavori part-time, aperitivi tra amiche e feste a sorpresa. Il settimo album della band piemontese è il primo dopo Sanremo del 2014 e anche il primo registrato all’estero, a Londra, prodotto da Tommaso Colliva. Una scelta non casuale, perché alla base del disco ritroviamo le sonorità che hanno fatto la fortuna dei Perturbazione contaminate, nelle linee di basso e nella ritmica calzante dei ritornelli, da abbondanti riferimenti all’indie di oltremanica, dai Pulp agli xx, offrendo alla band un posto coerente nell’accezione che ha preso il rock alternativo in Italia nell’ultima decade. Così la voce di Tommaso Cerasuolo può convivere con sintetizzatori e drum machine (La prossima estate) o con pezzi acustici come Cara rubrica del cuore, che racconta il rituale contemporaneo degli appuntamenti al buio, la scissione tra le identità multiple inventate dietro lo schermo di un computer, ovvero forse le nuove “potenzialità della nostra esistenza”.

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