Persona 5 Royal, la recensione | Rolling Stone Italia
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Persona 5 Royal, la recensione

Il gioco di ruolo Atlus ritorna in una versione perfezionata ricca di contenuti inediti e, per la prima volta nella serie, è completamente tradotto in italiano

Salutato come uno dei giochi di ruolo giapponesi più importanti di questa generazione di console, Persona 5 ha debuttato su PlayStation 4 in occidente nel 2017 e da allora ha fatto un importante numero di proseliti nonostante la serie venga percepita come piuttosto di nicchia fuori patria. Ciò ha spinto Atlus a investire, per la prima volta nella storia del franchise, sulla localizzazione nelle lingue europee in occasione della riedizione e tra queste non manca l’italiano, per la gioia di alcuni fan che l’avevano invocato a gran voce. Persona 5 Royal però non esiste solo per dare un’occasione in più ai giocatori del vecchio continente per (re)innamorarsi dell’opera, ma è il passaggio successivo di una prassi commerciale molto diffusa tra i publisher giapponesi che non va a genio proprio a tutti. Pratica comune soprattutto nel caso di giochi di ruolo o affini, questo tipo di riedizioni arrivano di solito a due o tre anni di distanza dalla prima pubblicazione e rappresentano una versione riveduta, corretta e ampliata dell’originale. Ci sono serie che sanno far valere con buone argomentazioni la sfacciataggine di chiederci di pagare per ben due volte il biglietto a prezzo pieno, e altre invece che rasentano il patologico (ehilà, Kingdom Hearts!). Persona 5 Royal ha, fortunatamente, le sue buone ragioni da esporre. Vediamo quali.

Le sequenze narrative più importanti sono raccontate attraverso lunghe sequenze filmate in stile anime.

Classico ma moderno

La serie di Persona può essere annoverata tra quelle dei giochi di ruolo di stampo classico che presentano ancora un rigido sistema di combattimento a turni, si affidano al grinding (la pratica di affrontare numerosi scontri in sequenza per salire di livello) per la progressione dei personaggi e, in generale, presentano un incedere piuttosto lento scandito da una netta ripartizione tra i dungeon (le aree dove si combatte) e il resto del mondo di gioco, dove si fa altro.
Ecco, proprio in questo “altro” si manifesta la personalità di un titolo del genere, perché dove un Dragon Quest mette le tipiche aree di raccordo per fare scorta di oggetti e potenziamenti tra un dungeon e l’altro (città con negozi, armerie, locande e via dicendo), un Persona invece costruisce un tipo di esperienza che è a metà strada tra il life simulator e la visual novel. A giustificare questa dimensione di gioco c’è ovviamente l’ambientazione moderna e il setting liceale, da sempre al centro della serie. Ogni capitolo, infatti, ci mette nei panni di un diverso gruppo di adolescenti alle prese con tutte le difficoltà che caratterizzano quel particolare periodo della vita, e con alcune delle problematiche note che affliggono la società giapponese.
Persona 5 Royal non fa ovviamente eccezione e sceglie come protagonista un giovane al secondo anno delle scuole superiori sul quale pende già un’ingiusta condanna per aggressione, uno stigma sociale che lo costringe a cambiare casa e iscriversi a un istituto privato di Tokyo per portare a termine il proprio percorso di studi. In questo ambiente a dir poco ostile, il nostro Ren Amamiya – che abbiamo deciso di chiamare così in onore dell’anime tratto dal gioco, nonché per una palese mancanza di fantasia – stringerà amicizia con altri studenti altrettanto problematici e come lui capaci di abbattere le barriere della realtà per raggiungere una dimensione alternativa (Metaverso) dove il subconscio delle persone prende forma in oscuri edifici carichi delle loro perversioni.
Come dicevamo poco sopra, il gioco è nettamente diviso in due parti: una in cui Ren e soci si dedicano alle attività scolastiche, a visitare la città e ad approfondire il loro legame di amicizia, e un’altra in cui visitano il Metaverso cercando di cancellare i pensieri corrotti dalla mente dei propri antagonisti, in una sorta di violenta terapia psicoanalitica d’assalto.

Nel gioco è possibile esplorare una versione abbastanza fedele di alcuni quartieri famosi di Tokyo, nonché perdersi nella sua complicatissima rete ferroviaria, che rimane tale anche in formato ridotto.

Ladri per il sociale

Le fasi del gioco in cui non si combatte, ritagliate dalla vita quotidiana dei protagonisti, sono scandite in giornate durante le quali le attività praticabili consumano il tempo a disposizione, e quindi vanno scelte con una certa cura. Tutto il gioco si svolge infatti nel corso di un intero anno scolastico, al quale si aggiunge un ulteriore nuovo semestre esclusivo di questa versione Royal. La dimensione da life sim che qui trova spazio non è fine a sé stessa, ma serve a sviluppare e potenziare le abilità e le risorse che i personaggi useranno poi in battaglia. Partecipare alle attività didattiche, per esempio, migliorerà le conoscenze di Ren, così come fare sport gioverà alla sua prestanza fisica. Passare del tempo con gli amici, inoltre, accrescerà il legame tra i protagonisti combattimento rendendo più forti i loro attacchi combinati e sbloccando nuove abilità. Tutto ciò è solo la punta di un iceberg fatto di possibilità davvero ampie e variegate, dove ogni comportamento che Ren assumerà nella vita reale avrà ripercussioni sulle capacità nel Metaverso.

D’altra parte, il compito del gruppo dei “Ladri fantasma” di cui il giovane è a capo è quello di combattere l’ingiustizia e la corruzione infiltrandosi nei “Palazzi” del Metaverso per rubare i cuori malvagi dei loro aguzzini, così da renderli inoffensivi nel mondo reale. Parliamo di professori violenti oppure di politici senza scrupoli: personaggi che non vengono pescati da chissà quale repertorio fantasy ma da un catalogo di ordinaria, umana depravazione che possiamo ritrovare anche nella vita da quest’altra parte dello schermo. L’adesione all’attualità è da un lato uno dei punti di forza della serie, dall’altro si lega a una narrazione degli eventi che rimane sempre strettamente ancorata agli stilemi tipici del racconto adolescenziale, e quindi si limita a viaggiare a pelo d’acqua anche sopra a questioni di un certo peso (la violenza sessuale, il suicidio, l’omicidio, solo per citarne alcune). Il che non è necessariamente un difetto, ma qualcosa da tenere ben in conto quando si sceglie di destinare 100 e più ore a farsi raccontare una storia in questi termini.

Il nuovo personaggio giocabile, Kasumi, è sicuramente l’aggiunta più interessante della versione Royal di Persona 5.

Un’offerta da re

Solitamente, in una riedizione di un gioco di successo è raro trovare qualcosa che vada oltre il solito dungeon aggiuntivo e qualche sequenza narrativa in più, senza che questo incida significativamente sull’esperienza complessiva. Non è il caso di Persona 5 Royal, dove invece gli sviluppatori sono andati a intervenire su quasi ogni singolo aspetto del gameplay cercando di renderlo più fluido e meno ripetitivo. Le fasi di combattimento, per esempio, oltre a introdurre decine di nuove Personae da catturare (i nemici del gioco, che possono essere schierati in battaglia al fianco del protagonista per sfruttarne le abilità), hanno subito dei ritocchi pensati per renderle più dinamiche e rapide. La possibilità di utilizzare la meccanica di combattimento del “Baton pass” (“Staffetta” in italiano), per dirne una, è qui disponibile da subito per ogni personaggio, mentre i proiettili delle armi a distanza ora si ricaricano alla fine di ogni battaglia, senza la necessità di uscire dai dungeon come nell’originale. Durante l’esplorazione, possiamo adesso sfruttare i vantaggi del rampino di Ren, che gli permetterà di accedere ad aree dei Palazzi create ad hoc per la riedizione o di superarne alcune già note in maniera più rapida. Anche l’alternanza tra le attività quotidiane è stata resa più agile tramite un nuovo menu dedicato, e la loro offerta è stata ampliata con l’aggiunta del quartiere di Kichijoji, con i suoi negozi e i relativi minigiochi per passare il tempo.
Tra tutte, però, la novità che davvero può invogliare all’acquisto di Persona 5 Royal persino chi ha masticato fino all’ultima briciola il contenuto dell’originale è l’introduzione di un ulteriore personaggio nella storia, la ginnasta Kasumi Yoshizawa. Anche se presente in piccole apparizioni per tutto il corso dell’avventura, la storia di Kasumi viene affrontata in maniera massiccia solo nel corso del nuovo semestre scolastico, che inizia laddove si chiudeva il gioco originale portando con sé più di 30 ore di contenuti inediti.
Tutto questo basta per giustificare il prezzo pieno al quale viene venduto il gioco, a patto che si abbia ovviamente la voglia di ripercorrere l’immensa mole di contenuti originali. Chi invece si è sempre limitato a sbirciare la serie da lontano, intimorito dal filo spinato della barriera linguistica, potrà finalmente ringraziare gli ottimi traduttori nostrani per aver definitivamente abbattuto quell’ostacolo.

Uno degli aspetti più apprezzati anche nell’originale è la cura maniacale nelle transizioni tra le diverse schermate di gioco, rese attraverso un’originalissima estetica da fumetto.

Giocate Persona 5 Royal se…

Vi siete tenuti lontano dall’originale per via dell’inglese un po’ ostico

Amate i giochi di ruolo a turni

Siete affascinati dai fumetti e dagli anime giapponesi

 

Evitate Persona 5 Royal se…

Cercate un gameplay incalzante e non sopportate la ripetitività

Le vicende di un gruppo di liceali non vi appassionano

Avete giocato il primo, magari vi è anche piaciuto, ma non ci tornereste per nessun motivo

 

Produttore: Atlus

Distributore: Koch Media

Lo puoi giocare su: PS4, PS4 Pro