Per 'Jurassic World' è arrivato il momento di estinguersi sul serio | Rolling Stone Italia
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Per ‘Jurassic World’ è arrivato il momento di estinguersi sul serio

Se avete voglia di un blockbuster estivo, 'Il regno distrutto' è quello di cui avete bisogno. Ma la saga ha perso il brivido e la meraviglia made in Spielberg. E Jeff Goldblum è sprecatissimo.

A riassumere alla perfezione quello che Jurassic Park rappresentava nel 1993 ci aveva pensato Mr. Peter Travers: “Intrattenimento di dimensione colossale – impressionante, complesso, il brivido dell’estate e probabilmente dell’anno”. Di quel brivido, cinque film dopo, é rimasto poco: i dinosauri sono diventati ufficialmente noiosi. Lo scivolone iniziale lo aveva fatto lo stesso Spielberg con il sequel, ma grazie a Jurassic World, il primo film della nuova trilogia, Colin Trevorrow era riuscito a togliere un po’ di polvere (anche in termini di incassi) dai resti del franchise, costruendo personaggi inediti, nuovi bestioni preistorici e dando un twist alla vecchia lotta di potere tra natura e scienza: il parco aveva subito un calo di vendite nei biglietti e il management era disposto a modificare geneticamente le sue creature per rendere più appetibile l’attrazione ai turisti.

Ne Il regno distrutto è rimasto poco anche di quel nucleo filosofico intorno a cui era nato e si era sviluppato tutto, ridotto a riempitivo tra una colata di lava e un’asta di dinosauri. Con Jeff Goldblum, meno eccentrico e sprecatissimo, a tirare didascalicamente e in maniera posticcia le fila della questione. Perché il sottotesto moralizzante – anche ecologico e politico se volete – c’è ed è tanto elementare da essere praticamente irrilevante.

Alla fine del capitolo precedente il parco era stato abbandonato ma, un paio di anni dopo, il gigantesco vulcano su cui è stato costruito sta per eruttare e inghiottire l’intera isola. A salvare i dinosauri da una seconda estinzione vengono chiamati l’ex manager del Jurassic World (Bryce Dallas Howard), l’addestratore di velociraptor Owen (Chris Pratt), una paleo-veterinaria e un tecnico informatico cagasotto. Fino a qui tutto bene.

Juan Antonio Bayona, il regista di The Impossibile e The Orphanage, cerca di dare la sua impronta e si gioca coraggiosamente la scena più apocalittica a metà film, chiudendo il capitolo che guarda al disaster movie e aprendo un’altra trama dark e che ruota attorno al contrabbando di creature giurassiche, nuovi esperimenti genetici e family drama in una scenografia gotica. Che più o meno è dove iniziano i problemi, con un’escalation di assurdità di sceneggiatura che sono però equilibrate dall’audacia di Bayona e da sequenze divertenti e spettacolari.

Chris Pratt non perde mai il suo carisma cazzeggione da Starlord nei panni dell’uomo che sussurra ai dinosauri (esilarante la scena in cui, paralizzato, deve salvarsi dalla lava che avanza), mentre la Claire di Bryce Dallas Howard ci prova, ma non riesce (quasi) mai ad essere più di una sorta di Rose/Kate Winslet che deve essere salvata, una declinazione dei personaggi femminili sepolta nell’era della parità di genere, anche al cinema.

Se avete voglia di un blockbuster estivo Il regno distrutto è tutto quello di cui avete bisogno: azione, suspense, effetti speciali da paura e ironia. E ai fan accaniti scenderà la lacrimuccia in almeno due momenti. Ma il cuore della saga ormai è stanco e ha perso la meraviglia e il brivido che prima Michael Crichton con il romanzo e poi Steven Spielberg con il film originale ci avevano fatto scoprire. Nemmeno il terrificante Indoraptor fa paura, persino l’idea di convivenza con i dinosauri è ok. Forse ormai è arrivato il momento per la saga di estinguersi sul serio.