Rolling Stone Italia

Per fortuna è uscito il nuovo album di U.S. Girls

'In a Poem Unlimited' arriva con un tempismo incredibile: in epoca di #metoo Meg Remy ha pubblicato un disco funk e danzereccio, che indaga potere e violenza.
4 / 5

Fa un certo effetto il tempismo con cui arriva In a Poem Unlimited, il nuovo album di U.S. Girls (Meg Remy), che tra il #metoo e la controffensiva dell’avance libertaria, fa la cosa migliore che si possa fare regalandoci un disco funk e danzereccio per indagare le strutture del potere e della violenza. È quello che mi aspetto da un’artista, una visionarietà che anticipi in chiave paradossale il fatalismo del contemporaneo, e U.S. Girls in Pearly Gates tira in ballo un Weinstein ante-litteram: niente meno che San Pietro.

Se non siete interessate a una carriera hollywoodiana, ma non disdegnate un posto in paradiso, tenetevi pronte ad affrontare la fila davanti ai cancelli del Cielo come un casting brutalizzante. Meg non ci va leggera nemmeno con i feticci della democrazia progressista americana, e in Mad As Hell – un pezzo che fonde Blondie e Marvin Gaye con un testo da Rage Against the Machine – scrive la sua lettera del disamore a Obama (dipinto coi capelli grigi e il sorriso da vincente) danzando morbidissima nel video, contro un collage dissonante di immagini militariste, vestita come la reincarnazione chic di Rosie the Riveter, quasi a riscattarla da quell’immobilismo iconico da manifesto.

Meg Remy, in arte U.S. Girls

U.S. Girls riesce nel complicato azzardo di rendere la rabbia dialettica, per cui Mad As Hell è al tempo stesso un pezzo disco, un inno anti-bellico e una canzone d’amore che fa detonare le illusioni di una storia diventata claustrofobica e ricattatoria (“We can never know the hands we are in/ until we feel them grip/ choking off our air supply”). Se lo stile lo-fi degli esordi, quel pop noise volutamente respingente, sembra lontano, U.S. Girls riattiva l’urgenza politica proprio attraverso la sua capacità trasformista in stile glam, con arrangiamenti insieme pop e acidissimi (l’album è stato registrato con il collettivo strumentale canadese Cosmic Range) concedendosi anche micro-esperimenti spoken word come la geniale come Why I Do Lose My Voice When I Have Something to Say.

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