Pedro Almodóvar | Rolling Stone Italia
Recensioni

Pedro Almodóvar

Julieta

Julieta di Almodóvar è soprattutto un film sul senso di colpa femminile. Prima importante avvertenza: non ci si aspetti il solito mondo allegro, vivace, trasgressivo, da movida anni ‘80 del regista spagnolo che sceglie appositamente toni più mesti e crudi. “Non è un melodramma, genere a cui ogni tanto tendo, piuttosto un dramma”, ha spiegato Almodóvar a proposito di questo suo 22esimo film. E Julieta, ispirato da tre racconti di Alice Munro (In Fuga, Fra Poco e Silenzio) non vi lascerà comunque scampo, anzi.Le scene iniziali rivelano subito la situazione di Julieta, interpretata nella fase adulta da Emma Suarez. Una donna appesantita da un dolore che si capisce subito essere quello di non sapere cosa stia succedendo alla figlia Antia. Per le strade di Madrid, che sta per lasciare, Julieta incontra Beatriz, la migliore amica della figlia quando erano adolescenti, che le rivela subito particolari sulla figlia di cui Julieta non era assolutamente a conoscenza. Julieta ne rimane sconvolta, decide di non partire più e di iniziare a scrivere una lunga lettera ad Antia.Inizia così il lungo flashback, che ricostruisce la vita di Julieta con una esuberante Adriana Ugarte che la interpreta da giovane. In un’atmosfera hitchcockiana e anche un po’ da libro noir di Agatha Christie, ci si ritrova su un treno in stile Orient Express, e qui si consuma il primo dramma per Julieta. Un uomo dai modi piuttosto bizzarri le si siede di fronte e le chiede di poter parlare, ma lei però decide di andarsene. Quando più tardi Julieta capisce che quell’uomo è proprio colui che ha deciso di suicidarsi facendo fermare il treno, inizia a stare male e a sviluppare il migliore amico di ogni donna: il senso di colpa. Sul treno, però, incontra anche l’amore della sua vita, il pescatore Xoan e nella notte il loro primo rapporto carnale ha anche un sapore doloroso. Di compensazione per l’angoscia provata.Sarà solo il primo senso di colpa di tutta la vita di Julieta. Quando si trasferirà nel paesino in Galizia di Xoan (dove viveva con la moglie malata e morta da poco) ci penserà una magistrale Rossy De Palma, da sempre musa di Almodòvar, a non fargliene passare una con il suo sguardo severo e indagatore. Ma anche la stessa Julieta avrà modo di far sentire in colpa gli altri. Per esempio, andando a trovare il padre in Andalucia, che si è innamorato della giovane donna che dovrebbe badare alla moglie malata. Fino alla lite che avrà con Xoan che porterà un tragico epilogo per volere del Fato, quello che lei, professoressa di letteratura antica, tanto studiava. E sarà il nodo centrale di tutta la storia.Chissà quanto c’è della storia di Julieta in quella di Almodòvar? Quanta – ben poco velata – malinconia prova nel riguardare alla sua vita e alla sua carriera? Il suo dramma secco, mentre indulge nei primi piani a cose e nei protagonisti, racconta del senso di colpa, motivato o più spesso non motivato, della malattia e dell’amore, del dolore della scomparsa senza spiegazione. E quindi della vita.

Julieta

Julieta di Almodóvar è soprattutto un film sul senso di colpa femminile. Prima importante avvertenza: non ci si aspetti il solito mondo allegro, vivace, trasgressivo, da movida anni ‘80 del regista spagnolo che sceglie appositamente toni più mesti e crudi. “Non è un melodramma, genere a cui ogni tanto tendo, piuttosto un dramma”, ha spiegato Almodóvar a proposito di questo suo 22esimo film. E Julieta, ispirato da tre racconti di Alice Munro (In Fuga, Fra Poco e Silenzio) non vi lascerà comunque scampo, anzi.

Le scene iniziali rivelano subito la situazione di Julieta, interpretata nella fase adulta da Emma Suarez. Una donna appesantita da un dolore che si capisce subito essere quello di non sapere cosa stia succedendo alla figlia Antia. Per le strade di Madrid, che sta per lasciare, Julieta incontra Beatriz, la migliore amica della figlia quando erano adolescenti, che le rivela subito particolari sulla figlia di cui Julieta non era assolutamente a conoscenza. Julieta ne rimane sconvolta, decide di non partire più e di iniziare a scrivere una lunga lettera ad Antia.

Inizia così il lungo flashback, che ricostruisce la vita di Julieta con una esuberante Adriana Ugarte che la interpreta da giovane. In un’atmosfera hitchcockiana e anche un po’ da libro noir di Agatha Christie, ci si ritrova su un treno in stile Orient Express, e qui si consuma il primo dramma per Julieta. Un uomo dai modi piuttosto bizzarri le si siede di fronte e le chiede di poter parlare, ma lei però decide di andarsene. Quando più tardi Julieta capisce che quell’uomo è proprio colui che ha deciso di suicidarsi facendo fermare il treno, inizia a stare male e a sviluppare il migliore amico di ogni donna: il senso di colpa. Sul treno, però, incontra anche l’amore della sua vita, il pescatore Xoan e nella notte il loro primo rapporto carnale ha anche un sapore doloroso. Di compensazione per l’angoscia provata.

Sarà solo il primo senso di colpa di tutta la vita di Julieta. Quando si trasferirà nel paesino in Galizia di Xoan (dove viveva con la moglie malata e morta da poco) ci penserà una magistrale Rossy De Palma, da sempre musa di Almodòvar, a non fargliene passare una con il suo sguardo severo e indagatore. Ma anche la stessa Julieta avrà modo di far sentire in colpa gli altri. Per esempio, andando a trovare il padre in Andalucia, che si è innamorato della giovane donna che dovrebbe badare alla moglie malata. Fino alla lite che avrà con Xoan che porterà un tragico epilogo per volere del Fato, quello che lei, professoressa di letteratura antica, tanto studiava. E sarà il nodo centrale di tutta la storia.

Chissà quanto c’è della storia di Julieta in quella di Almodòvar? Quanta – ben poco velata – malinconia prova nel riguardare alla sua vita e alla sua carriera? Il suo dramma secco, mentre indulge nei primi piani a cose e nei protagonisti, racconta del senso di colpa, motivato o più spesso non motivato, della malattia e dell’amore, del dolore della scomparsa senza spiegazione. E quindi della vita.