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‘Natale a 5 stelle’: sì, ci dobbiamo affidare ai Vanzina per il resoconto dell’attualità politica

Tanti equivoci da recita collaudata (e un po’ lunghetta), ma pare scritto l’altro ieri: il premier interpretato da Massimo Ghini parla al telefono con “Matteo” e “Luigi” mentre il Partito Democratico si domanda come sarà possibile finanziare il promesso reddito di cittadinanza, visto che non ci sono i soldi.
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Ci dobbiamo affidare ai Vanzina per il resoconto dell’attualità politica? (Lo dico al plurale perché saranno in due ancora e per sempre, anche se da luglio Carlo non c’è più, sigh). La risposta parrebbe affermativa di fronte a questo nuovo Natale a 5 stelle, dal punto di vista distributivo rilevante per un motivo già noto: è il primo cinepanettone ad andare direttamente su Netflix. Il che significa due cose: la piattaforma più potente e contestata di tutte ha l’interesse di accrescere la produzione local, in qualunque Paese sia attiva; la commedia popolare nelle sale tradizionali non garantisce più gli incassi di una volta, basta guardare i dati degli ultimi mesi (quella andata meglio è Ti presento Sofia con Fabio De Luigi e Micaela Ramazzotti, forse arriverà ai tre milioni totali).

Tira insomma aria di rivoluzione. Massimo Boldi e Christian De Sica tornano insieme dopo tredici anni per Amici come prima (esce il 19 dicembre, dirige De Sica medesimo), Neri Parenti è a sorpresa fuori dai giochi, i Vanzina (regia di Marco Risi, produzione by Andrea Occhipinti di Lucky Red, noto per il cinema “di qualità” per dirla alla Franca Ciampi) scelgono lo streaming. Il pubblico di Netflix apprezzerà? Chi lo sa.

Certo il tentativo di Natale a 5 stelle è proprio la satira politica, anche se lo spunto – cosa inconsueta per Enrico Vanzina, come al solito al copione – è una pièce inglese di quasi trent’anni fa: Out of Order di Ray Cooney. Quindi corna a nastro, porte di camere d’albergo che s’aprono e chiudono come sul palcoscenico, armadi in cui nascondere (presunti) cadaveri, eccetera. Però dal titolo si capisce che l’intenzione vuole superare la classica pochade.

Franco Rispoli (Massimo Ghini) è un Presidente del Consiglio grillino e sconosciuto (faceva il commercialista) che si ritrova a pochi giorni dal Natale in Ungheria, “Paese amico”, per un vertice bilaterale. Che è solo una scusa: della delegazione fa parte una deputata dell’opposizione (ma perché?), interpretata da Martina Stella, che il premier vorrebbe portarsi a letto.

Un uomo mortammazzato in camera complicherà le cose, che sarà il portaborse presidenziale (Ricky Memphis) a smazzarsi. Tanti equivoci da recita collaudata (e un po’ lunghetta), ma pare scritto l’altro ieri: Rispoli parla al telefono con “Matteo” e “Luigi”, spunta lo spauracchio delle Iene tribuni del popolo e il Partito Democratico si domanda come sarà possibile finanziare il promesso reddito di cittadinanza, visto che non ci sono i soldi. Donald, Angela ed Emmanuel (con Brigitte) fanno da sfondo ideale alle solite scappatelle.

Ma i Vanzina sono sempre stati più sofisticati di quel che molti ancora credono, lo dimostra la loro filmografia storica (tralasciando i grandi classici, io ho un debole per South Kensington) e pure i titoli più recenti (su tutti Un matrimonio da favola, di quattro anni fa). E dirigono gli attori come pochi: Ghini e Memphis, certamente, ma pure Riccardo Rossi, Paola Minaccioni, qualche crucco di passaggio. E persino Martina Stella, onorevole dem in lingerie (il #MeToo non apprezzerà) ma con gli occhiali, perché “il Partito” fa così: le prende gnocche ma poi le obbliga a sembrare intelligenti. Ce n’è per tutti.

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