'Down the Road Wherever', la recensione del nuovo album di Mark Knopfler | Rolling Stone Italia
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Mark Knopfler non è una rockstar, ma un cantastorie


Più che un album, ’Down The Road Wherever’ è una raccolta di novelle, di piccole canzoni di frontiera suonate da un musicista inarrivabile


Mark Knopfler live al Lucca Summer Festival. 19 luglio 2013

Mark Knopfler live al Lucca Summer Festival. 19 luglio 2013

Prima che il decimo album solista di Mark Knopfler passi alla storia come l’ennesimo, pigro, ripetitivo more of the same di un dinosauro a fine carriera, bisognerebbe fare alcune considerazioni.

La prima riguarda il suono. Nonostante sia inglese, Knopfler è uno dei maggiori interpreti del suono americano per eccellenza, quel roots rock che ha imparato a maneggiare da autodidatta – «Mi esibivo con la chitarra acustica perché non potevo comprarmi un amplificatore, non ho mai preso lezioni. Suono come un idraulico», ha detto alla presentazione di Down The Road Wherever – e a cui ha dedicato gran parte della sua carriera. 40 anni vissuti come un artigiano, lavorando a tutti i dettagli di un suono rifinito come una scultura antica, immobile nel tempo. Che siano i fraseggi barocchi su Back On the Dance Floor, il blues aspro di Just A Boy Away From Home o l’acustica di Matchstick Man, la chitarra di Mark Knopfler è sempre al servizio della canzone.



A questa perfezione Knopfler è arrivato con pazienza, migliorandosi una canzone per volta, come dice in One Song At A Time, il brano da cui arriva il titolo dell’album. “And I’ll be out of this place / And down the road wherever / There but for the grace, etcetera / I’ll see you later somewhere down the line / I’ll be picking my way out of here / One song at a time”.

Più che un album, Down The Road Wherever è una raccolta di storie di frontiera, di padri e figli, di cacciatori e contadini, di ricordi e lunghe attese. E qui entra in gioco la seconda considerazione: non è rimasto niente dell’epoca di Money For Nothing, se non qualche intreccio di chitarra e sassofono e qualche concessione a ritmi più movimentati (la già citata Back On the Dance Floor, poi Good On You Son e Heavy Up, sicuramente tra i momenti più riusciti di tutto il disco). Knopfler non è una rockstar, e nemmeno un virtuoso della chitarra: è un cantastorie vagabondo “con una vecchia valigia” e che fa l’autostop anche il giorno di Natale, come canta in Matchstick Man, non a caso l’ultimo brano in scaletta.

Mark Knopfler, foto CTK / Alamy / IPA

Sì, Down The Road Wherever è l’ennesimo, ripetitivo more of the same di un nonno del rock. È un album troppo lungo, un po’ mieloso e che tutto sommato non aggiunge granché alla gigantesca carriera del suo autore. Allo stesso tempo, però, è la testimonianza di un modo di scrivere, anzi di essere musicisti, che sembra sempre più lontano, e che Mark Knopfler protegge come un custode.

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