Mainlining – Recensione | Rolling Stone Italia
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Mainlining – Recensione

Grazie alla conversione di questo indie per Switch, abbiamo scoperto che la vita del hacker non è poi questa gran figata

La riproduzione del sistema operativo è perfetta, con tanto di suoni otiginali ad accompagnare ogni evento.

Per anni ho creduto che la vita del hacker fosse quella raffigurata dai film di Hollywood. Composta quindi da un turbinio di tasti premuti a velocità vertiginosa su di una tastiera e stringhe da codice chilometriche che consentivano di entrare nel computer di chiunque, spiarne la webcam o accedere a segreti militari. Nessun dubbio che il lavoro del hacker fosse grandioso: forse un po’ nerd, ma quanti nerd saprebbero crackare un sito governativo con una signorina al lavoro sotto la scrivania come il protagonista di Codice: Swordfish? Certo la versione nostrana con le maschere di Topolino e lo “Stacca! Stacca!” era un po’ meno cool, ma non perdeva un grammo di quel fascino di chi agisce nell’ombra.

Le indagini vengono gestite via chat coi colleghi: l’icona in alto a sinistra è riconoscibile solo da chi c’era agli albori del web.

Da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 18

L’immagine di un hacker che si alza ogni mattina presto, timbra il cartellino alle 9 in punto e si insinua tra i segreti più reconditi dei cittadini per conto del Governo fino alla fine del turno è invece parecchio diversa, ma decisamente più realistica. Va riconosciuto prima di tutto il coraggio a Mainlining, perché la rappresentazione che mette in scena è parecchio lontana dalle aspettative del giocatore. Lo shock, tuttavia, non è fine a sé stesso. Sullo sfondo della trama, in cui siamo chiamati a vestire i panni di un agente dei servizi segreti britannici, c’è una legge liberticida che consente appunto allo Stato di accedere a qualunque documento digitale privato nel pieno rispetto della legalità. La classica legge da stato di emergenza in cui l’emergenza è solo un pretesto per estendere i tentacoli del controllo totalitario. Da sempre una grande tentazione per le democrazie, oggi a portata di mano grazie alla tecnologia. Come ovvio, i primi bersagli della legge stessa diventano proprio coloro che provano ad a questa deriva utilizzando contro lo Stato le sue stesse armi. Lontano dalla spettacolarità patinata di Hollywood, Mainling trasforma l’hacking in una versione videoludica del Le vite degli altri, in cui il controllore è una grigio ingranaggio dello burocrazione, ma tra i controllati nessuno potrebbe permettersi di scagliare la prima pietra.

Nonostante le limitazioni connesse al touch, la modalità handheld su Switch si è rivelata comunque più comoda.

Voglio giocare, non lavorare!

Se da un lato Mainling riesce a proporre una riflessione per nulla banale e veicolata attraverso le meccaniche di gioco, ovvero senza sparare sul grugno al giocatore una serie di dialoghi stucchevoli, dall’altro esige un prezzo in termini di pesantezza del gameplay. Che è tutta la differenza che passa tra Codice: Swordfish e Le vite degli altri, non ci piove. Ma detto in altri termini, spesso sembra di lavorare più che di giocare. A partire dall’interfaccia di gioco, che replica un in tutto aspetto e funzionalità di un sistema operativo Windows-like. I casi che ci vengono assegnati devo essere dunque indagati attraverso gli strumenti offerti da un pc: download di documenti, ricerche online ed estrazione di file privati attraverso un programma specifico, ricalcato sul vecchio DOS, messo a disposizione dal MI6. Questo approccio mimetico, di sicuro efficace su PC, si schianta invece nella versione Switch sulla scomodità dei comandi touch. Se nessun hacker al mondo usa un tastiera virtuale per fare ciò che sa fare, ci sarà un motivo. Questo eccesso di complicazione non giova a un titolo già di per sé complesso, che richiede nelle fasi finali ragionamenti ben poco lineari e che non fa nulla, ma proprio nulla, per accompagnare il giocatore verso la soluzione né per evitargli il tedio.

Le modalità di gioco sono quelle di un’avventura grafica in cui è richiesto di risolvere alcuni piccoli puzzle logici.

D’essai, ma non per tutti

Giunti al termine dell’indagine, approdo per nulla scontato visto quanto detto sopra, restano addosso sensazioni contrastanti. Il reality check a cui Mainlining costringe su temi attualissimi come la sorveglianza e la privacy è necessario: fino a quando i videogiochi potranno pensare di sopravvivere senza prendersi mai una singola responsabilità? La modalità scelta per far passare il messaggio rischia tuttavia di non essere digeribile da tutti, al di là dei problemi tecnici connessi alla versione Switch. Lo stesso problema con cui però ha dovuto fare i conti un film come Le vite degli altri, oggi ormai entrato nella memoria collettiva, a differenza di Codice. Swordfish di cui mi ricordo solo io.

 

Produttore: Rebelephant

Distributore: Merge Games

Lo puoi giocare su: Switch