‘Lords of Chaos’, la recensione: bisognerebbe dare fuoco a questo biopic black metal | Rolling Stone Italia
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‘Lords of Chaos’, la recensione: bisognerebbe dare fuoco a questo biopic black metal

Il film sui Mayhem si concentra sul periodo più travagliato della band: omicidio, suicidio, cannibalismo, incendi. Ma tocca tutte le note sbagliate

Jack Kilmer, Anthony De La Torre, Rory Culkin, and Jonathan Barnwell in Lords of Chaos

Quasi tutte le guide di viaggio della Norvegia fanno almeno un riferimento agli incendi che hanno travolto la nazione nei primi anni Novanta. La guida di Arthur Frommer ha persino fatto il nome di uno dei piromani, Varg Vikernes, aggiungendo che era un satanista finito in prigione per omicidio. Per molti norvegesi, Vikernes è il Charles Manson del Paese, l’ultimo boogieman.

Questo perché è stato al centro di una delle più spaventose ondate di terrore nazionale, che il regista Jonas Åkerlund (quello diSpun e di Polar, il lungometraggio Netflix con Mads Mikkelsen) ha drammatizzato nel suo nuovo film, Lords of Chaos. Racconta la storia dei Mayhem, la più celebre band di black metal – un sottogenere che è un lontano cugino del death metal (sì, quello che adora il Diavolo) e dello speed metal – e si concentra sul periodo più travagliato del gruppo. Omicidio, suicidio, cannibalismo, roba morbosa (tipo qualcuno che sniffa da una borsa con dentro un corvo morto) e, naturalmente, l’incendio che ha messo in ombra la musica della band dal 1987 al 1994. La loro storia ha ispirato un paio di autori a scrivere un libro true-crime, Lords of Chaos, alla fine degli anni Novanta, che è servito come materiale di partenza per il film.

Lords of Chaos | OFFICIAL TRAILER HD (2019)

E Åkerlund avrebbe dovuto avere tutte le carte in regola per raccontare questa vicenda nel modo giusto. Ha diretto video musicali per Candlemass, Metallica e Rammstein, oltre al videoclip della controversissima Smack My Bitch Up dei Prodigy. Ed è stato un membro fondatore dei Bathory, una band svedese black-metal pioneristica che ha ispirato i Mayhem (anche se ha lasciato il gruppo dopo un anno). In qualche modo, però, ha fatto un film che, per parafrasare un album del precedente tentativo musicale del regista, ha seriamente mancato il Black Mark.

Il film si concentra sul chitarrista Euronymous (Rory Culkin) mentre cerca di formare i Mayhem e tenta di infondere il culto del Diavolo nei suoi compagni di band. Lungo la strada, arruola il depresso Dead (Jack Kilmer) – che è quello che sniffa la carcassa del corvo – come cantante del gruppo e incrocia le corna (per restare in tema) con il sanguinario frontman dei Burzum / futuro bassista dei Mayhem Varg Vikernes (Emory Cohen). Se state leggendo, è probabile che conosciate già il resto della storia. Altrimenti, via agli spoiler: Dead si suicida, Euronymous salva (e assapora) pezzi del cranio del cantante, Vikernes e membri di altre band danno fuoco ad alcune chiese e il bassista finisce per accoltellare Euronymous a morte.

Il film include anche l’episodio in cui Faust, un collega piromane nonché batterista della band black metal Emperor, uccide un omosessuale. E per aggiungere un tocco hollywoodiano, Åkerlund ha regalato ad Euronymous una ragazza, interpretata da Sky Ferreira. (Il vero Vikernes ha detto che la sua ragazza in quel periodo non ha mai incontrato Euronymous e che non sapeva che il suo compagno di band uscisse con qualcuno; in un’intervista per il libro, ha affermato che Euronymous era gay, anche se le sue parole non sono molto affidabile perché beh, sapete com’è, lui l’ha ucciso).

Il film è una sorta di risposta del black metal a Bohemian Rhapsody, nel senso che Åkerlund e il produttore Dennis Magnusson hanno preso gli estremi della storia e hanno riempito gli spazi vuoti a loro piacimento. Hanno azzeccato il suono del film, con una grande colonna sonora di leggende black metal (amplificata, stranamente, da uno score dei Sigur Rós), così come l’immagine, replicando meticolosamente le foto che i metallari hanno analizzato per decenni. Ma hanno colorato il tutto con le loro ipotesi su ciò che è realmente accaduto. Sebbene le interviste con i Mayhem esistano ancora nelle riviste dell’epoca, per non parlare della cronaca che descrive l’ascesa e la caduta della band, il film ha scelto di dare la propria voce ai personaggi – e fa un po’ troppo Midwest.

A parte qualche evidente svista cronologica (dove sono i cantanti prima di Dead, Messiah e Maniac?), il problema più grosso sono i dialoghi. Anche se è vero che i membri della band avevano circa 20 anni e che i giovani dicono stupidaggini, è difficile immaginare che qualcuno annunci ad alta voce qualcosa di così banale come: “Ho creato un genere musicale completamente nuovo: true norwegian black metal”. Nessuno si riferisce a questa musica come a “vero black metal norvegese”. Ed è anche peggio perché questo passa attraverso l’impacciato accento americano di Culkin. (A parte l’ambientazione, il film non si percepisce mai come qualcosa veramente europeo – un disastro annunciato quando si tenta di rappresentare una scena regionale con cui i suoi creatori hanno una profonda familiarità).

E poi c’è una sequenza in cui Dead si guarda allo specchio e dichiara, “Noi siamo i Lords of Chaos” – una battuta decisamente bizzarra, considerando il titolo completo del libro La storia insanguinata del metal satanico – che è molto più ampio della semplice vicenda dei Mayhem. Si riferisce a un gruppo di otto adolescenti in Florida che si è dato questo nome nel 1996, cinque anni dopo il suicidio di Dead. Per chiunque abbia letto il libro (attenzione, il materiale di partenza non è migliore, considerando la credibilità che dà ai neo-nazisti, che gli autori non hanno controbilanciato fino a una successiva edizione riveduta) – non aspettatevi un adattamento degno del Padrino.

Ma forse il vero peccato del film è il tono. A volte è un’esplosione di divertimento, come quando la band suona a un concerto con delle teste di maiale e schizza sangue sul pubblico. Altre volte, è tristissimo – un duro slogan che non riesce a catturare l’energia ribelle della musica o della scena. Åkerlund non sembra mai decidersi se fossero un branco di ragazzini stupidi o se sono meritevoli della nostra attenzione. Non è mai chiaro se il pubblico che si approccia alla storia per la prima volta debba pensare che le loro azioni siano fantastiche o vergognose – anche se l’animazione cool della chiesa in fiamme nei titoli di coda suggerisce la prima, no?

Nonostante sia ovvio che Euronymous si sia fatto sfuggire di mano le cose nel suo gioco dei rischi con Vikernes, in qualche modo non ti senti profondamente coinvolto quando muore. Åkerlund tenta di tirare fuori da gente reale degli eroi e dei cattivi cinematografici, e non può funzionare. Il problema intrinseco di Lords of Chaos è che non esiste un vero modo hollywoodiano per raccontare la storia della band. Alcuni membri erano assassini, altri piromani, altri ancora sostenevano di essere cannibali – è scioccante, sì, ma c’è molto di più rispetto al sensazionalismo. Tutto questo accadeva in un momento in cui la parte più importante del metal era Enter Sandman dei Metallica. Come poteva una scena così underground e sotterranea svilupparsi all’interno dello stesso genere? Il film non solo diminuisce l’impatto e l’importanza della musica, ma non sembra preoccuparsi affatto di quell’aspetto.

Sarebbe stato coinvolgente se avessimo visto più di quello che è successo dopo gli omicidi e gli incendi. Vikernes è stato processato e ha sposato la retorica neonazista. È evaso nel 2003, ma poi è stato rilasciato in libertà vigilata nel 2009. Nel frattempo, il batterista dei Mayhem, Hellhammer, ha spinto per il rilascio dell’album del gruppo che ha ridefinito il genere, De Mysteriis Dom Sathanas, in cui suonava anche Vikernes – con grande dispiacere della famiglia di Euronymous – nel 1994. La band si è riformata (senza il bassista ex detenuto). E poi ci sono le famiglie delle vittime, ancora in lutto dopo decenni, che non hanno mai una voce in film come questo.

Da quando il lungometraggio è stato annunciato, Åkerlund ha affrontato critiche per aver voluto drammatizzare questa storia. “Farò tutto il possibile per fermare questo film”, ha detto a Rolling Stone il bassista fondatore dei Mayhem, Necrobutcher, nel 2015. “Dite agli svedesi e alla gente di Hollywood di andare a farsi fottere”. Il regista in seguito ha detto che da allora aveva ottenuto il supporto della band per il film (i Malparidos hanno ri-registrato le loro canzoni per la foto) e che era stato in contatto con i genitori di Euronymous e la famiglia di Dead. “Ho cercato di trattare tutto con più rispetto possibile, soprattutto perché ci sono persone che hanno perso dei cari”, ha dichiarato. (Per inciso, il cantante dei Mayhem Attila Csihar viene ringraziato nel film e il figlio, Arion, lo interpreta in una scena in studio di registrazione).

Ma Åkerlund presenta tutto con un’antipatia di fondo per l’argomento. Il film non è divertente, non è triste. E per gran parte, non è nemmeno così interessante. Ma il ritmo lento e i tempi morti lasciano il tempo di pensare al vero significato della storia, o di immaginare ad altri modi in cui avresti potuto spendere i soldi usati per andare al cinema. Dopo tutto, 25 dollari bastano per un po’ di fiammiferi e benzina.