'La truffa dei Logan' non è un heist-movie qualsiasi | Rolling Stone Italia
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‘La truffa dei Logan’ non è un heist-movie qualsiasi

Ambientato in piena epoca-Trump, in un Sud disoccupato e dai sogni infranti, l' ultima opera di Soderbergh è divertente, geniale, piena di colpi di scena.

Steven Soderbergh, il regista premio Oscar di Traffic (2000) e di una serie di pellicole eterogenee come Kafka (1991), Che (2008) e The Girlfriend Experience (2009), torna al grande schermo dopo un’assenza di quattro anni, e il suo La truffa dei Logan è come una brezza d’estate, fresco e dolce. In superficie sembra una versione contadina di Ocean’s 11, il suo blockbuster traboccante di star. E per certi versi è così. «Tutto quello che puzza d’importante non mi interessa più», ha detto di recente al New York Times.

Il nostro consiglio? Andate a vedere La truffa dei Logan, fatelo prima di scartare questo regista pieno di talento come uno dei tanti colleghi accomodati al marketing. Soderbergh è un autore troppo creativo per accontentarsi di un heist-movie qualsiasi. Ambientato in piena epoca-Trump, in un Sud disoccupato e dai sogni infranti, la sua ultima opera è divertente, geniale, piena di colpi di scena; un film di rapinatori bifolchi che hanno deciso che la prima cosa che deve diventare “great again” è il loro conto in banca.

Channing Tatum è Jimmy Logan, un contadino del West Virginia che ha perso il lavoro per colpa di un’infortunio sul campo da football. La sua vita privata è altrettanto malmessa: l’ex moglie Bobbie Jo (Katie Holmes) ha vinto la custodia della figlia, e Jimmy affoga i suoi dispiaceri nel bar gestito dal fratello Clyde (Adam Driver, delizioso), un veterano di guerra che è tornato dall’Iraq con in regalo un braccio prostatico.

I due buttano giù un piano per un furto durante la Charlotte Motor Speedway, una gara automobilistica che si terrà nel fine settimana dedicato al Memorial Day. Jimmy ha lavorato sul posto, e conosce il percorso del denaro. Un colpo sicuro, soprattutto con un driver demoniaco pronto per la fuga: Mellie (la nipotina di Elvis, Riley Keough).

Per gli esplosivi, invece, c’è bisogno dell’aiuto di un professionista: si tratta di Joe Bang, interpretato da un’incredibilmente idiota Daniel Craig, che sfodera un accento da redneck e diverse frasi a effetto in pieno stile Bond. Nei titoli di coda si legge: “And introducing Daniel Craig”, simpatici. Comunque, sarete felici di scoprire che il Sig. Bang mantiene le promesse del cognome che porta: Soderbergh ha girato la sua rapina sotterranea – e la gara di macchine in superficie – con la maestria di un vero ladro. E per noi è un complimento. Da allargare anche a Rebecca Blunt, sceneggiatrice esordiente, Seth MacFarlane e Hilary Swank, strepitosi in personaggi troppo gustosi per spoilerarli qui.

Vi sembra tutto già visto? Forse è così. Ma Soderbergh si prende tutto il tempo necessario per esplorare i suoi protagonisti, così da raccontare due persone e non lo stereotipo di due bifolchi. Non è tempo buttato, è lo sviluppo dei personaggi a rendere questo film diverso. Il grande Robert Altman era famoso per questi presunti rallentamenti, eppure nessuno ha dimenticato le sue opere. La truffa dei Logan fa parte della stessa categoria. E se è vero che anche un dilettante può immaginare gli elementi fondamentali di un film di rapinatori – suspence, ironia, colpi di scena, finale a sorpresa -, Soderbergh, li fa ballare.