Rolling Stone Italia

La pernacchia al trap degli Shabazz Palaces

Il due album (pubblicati contemporaneamente) del duo formato da Ishmael Butler e Tendai Maraire sono un manifesto hip-hop afro-futurista
4 / 5

Non un disco solo, ma un parto gemellare dalla band formata da Ishmael Butler e Tendai Maraire. Una pernacchia allo strapotere trap? Un calderone in cui cucinano pozioni magiche per incuriosire i troppi fedelissimi persi negli anni a causa dell’encefalogramma piatto che, ahinoi, il mainstream ha propinato spesso e volentieri (con l’esclusione, forse, del pazzo vero Kanye)?

La cover di ‘Quazarz: Born on a Gangster Star’, uno dei due album pubblicati dagli Shabazz Palaces. La cover del secondo, ‘Quazarz vs. The Jealous Machines’, è in cima all’articolo

Sicuramente, hip hop di questa grana non si sente spesso: contrariamente a esperimenti pur notevolissimi che hanno cercato nella storia della blackness – nel funk, nel jazz, nel rap old school – un baluardo di autenticità contro le derive poppettare, gli Shabazz Palaces offrono una prospettiva che, con un termine prezzemolino definiremmo “afro- futurista”: l’enfasi è sullo spiazzamento, sulla sintesi straniante, sul campione che non ti aspetti, su arrangiamenti rigogliosi ed elaborati, oppure stilizzati al limite per offrire affreschi di mondi che non ci sono ancora.

Dischi che sarebbero piaciuti al critico Kodwo Eshun, che ha formalizzato la categoria del “rhythmagic” nell’imperdibile tomo More Brilliant than the Sun: ritmo magia.

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