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La leggenda dell’half-pipe si racconta in ‘Hawk. Professione Skater’

Un bravo bambino educato di San Diego riceve in regalo dal fratello uno skateboard, ci fa un giretto e niente più, ma quel giorno fu l'inizio di un mito chiamato Tony Hawk
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Forse non sono l’unico quarantenne cresciuto in area urbana a ricordarsi dei tempi romantici dello skate, prima che diventasse un business globale da centinaia di milioni di dollari. Nel disorientamento sociale degli anni ’80, tra quelle che l’informazione più convenzionale amava definire come “tribù metropolitane”, c’erano gli skaters, che a Milano si davano appuntamento in largo Corsia dei Servi e provavano i loro trick in salsa italica in quello spazio angusto. Anni in cui lo skate stava a pieno titolo tra le controculture e si ergeva a manifesto di un ribellismo un po’ goffo, da veri outsider, skate is not a crime!

Erano tempi in cui, almeno in Italia, recuperare una copia di Thrasher passata per cento mani era una conquista, e quando vedevi uno ollare con una tavola Vision Gator ti cadeva la mascella. Internet era un miraggio sullo schermo del futuro, ma la mappa umana e tecnica della mitologia skate girava già forte tra i ragazzini occidentali: Jay Adams, Tony Alva, Stacy Peralta, i Z-Boys, i padri fondatori dello skate moderno, seguiti a ruota nel tempo da Steve Caballero e il suo fakie 360 ollie, Mike McGill e il 540 McTwist, e poi Lance Mountain e Rodney Mullen, una nuova generazione di skater creativi e temerari riuniti sotto le insegne della Bones Brigade.

Epoi,direttamente calato sulla Terra da un suo speciale mondo, c’era Tony Hawk, che prima di passare professionista a soli 14 anni sotto l’ala protettiva della Powell Peralta, e diventare il popolare teschio di falco su croce di ferro che il mondo ha conosciuto, era stato un bambino di San Diego magro come un chiodo.

Quella che viene raccontata senza troppe velleità stilistiche, ma con notevole spessore emotivo in Hawk. Professione skater (Salani Editore) è la storia di questo ragazzino diventato mito vivente. Il libro, scritto da Hawk stesso e dal giornalista Sean Mortimer, già un bestseller nella versione originale del 2002, contiene molte belle immagini ed è stato arricchito da una postfazione interessante, uno sguardo maturo e affettuoso su una giovinezza vissuta a pieno (e che per certi versi sembra che non sfugga), da parte di una star mondiale che oggi ha 49 anni, è padre di quattro figli e siede a capo di un impero economico.

Tra matrimoni, infortuni, sponsorizzazioni, film e trick iconici come il 900 (una rotazione aerea di 900 gradi, con cui Tony nel 1999 ha cementato davanti a una folla sterminata e in diretta tv il suo status di mito), la vita dello skater si srotola tra le pagine con naturalezza e bel ritmo, in una vicenda di respiro universale che tuttavia rimane per lunghi tratti devota agli aspetti più tecnici dello skateboard, con passaggi da iniziati in grado di far vacillare il profano: «Feci degli one footed invert (sono degli handplant in cui si calcia il piede posteriore in aria) e dei madonna, che sono dei normali lien to tail in cui si afferra il nose come per il frontside air e contemporaneamente si pesta il tail, ma durante il salto si stacca il piede anteriore”.

Quindi, più che i risvolti legati ai trick e allo sviluppo in senso commerciale del circuito profes- sionistico, per i quali comunque ci si può affidare a un glossario finale, è la personalità di Tony
a colpire, la specificità del suo percorso. Lo incontriamo bambino multidimensionale, adorato dalla famiglia di semplice estrazione, eccellente studente e suonatore di violino. Tony è un ragazzino impegnativo, iperattivo, ma è decisamente il contrario del kid delinquente suggerito da un certo tipo di epica. Originale da sempre, quando suo fratello più grande gli regala il suo primo skateboard, Tony ci sale sopra, ma ci fa giusto un giretto distratto: nessuna epifania fondamentale, nessun amore a prima vista tra il talentuoso Tony Hawk e lo skateboard; e probabilmente questo la dice molto lunga sulla personalità sfaccettata di un personaggio che da lì a poco deciderà invece di passare tutta la sua vita tra tavole e rampe.

Perché Hawk è soprattutto il racconto pieno di candore di una vita vissuta sull’onda di una passione straordinaria e profondamente intima, e da questo libro appare chiaro come tutto il resto, i soldi, i viaggi, le fondazioni benefiche e i videogames a suo nome, la fama e le citazioni da parte di scrittori importanti (Hawk è uno dei protagonisti indiscussi del romanzo Tutto per una ragazza di Nick Hornby, da cui oggi è tratto il film Slam) siano solo una conseguenza di un puro slancio gioioso. A Tony Hawk, ancora oggi, piace soprattutto skateare. E tanto basta.

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