La fine del mondo secondo Shlohmo | Rolling Stone Italia
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La fine del mondo secondo Shlohmo

"The End" è l'elettronica glamour che non eccede mai negli aspetti controversi o spigolosi, l’ansia è controllata per non degenerare mai, quindi non annoia né risulta inoffensivo

Sapevamo che Shlohmo fosse uno dei migliori producer in circolazione, ma è sempre bello ricordarselo, anche perché non usciva con un LP dal lontanissimo anno di grazia 2015, con l’ottimo Dark Red. Nel frattempo però Henry Laufer non si è mica girato i pollici: in questi anni ha collaborato e prodotto Post Malone, Chance The Rapper, Lil Yachty, e poi ancora Joji, Corbin e Yung Lean, un mucchio di gente seria e autorevole, ma non c’è niente di meglio di un album intero per cogliere come si deve tutti i suoi tocchi di classe.

The end, come raccontato dallo stesso artista, è un disco sulla fine del mondo, la colonna sonora pensata per l’Apocalisse alle porte, ma con un’accezione molto meno terrificante di quanto ci si aspetti. Partiamo proprio dalla fine, dall’ultima traccia: Still life, una lunga coda ascetica glitch-ambient che spalanca le porte di una lucente vita extraterrestre e ultraterrena, dopo la catastrofe, quando ogni forma di civiltà sarà stata spazzata via e ci sarà solo la quiete. In un’ora distribuita equamente per tredici pezzi, Shlohmo traccia un percorso in cui l’introspezione e l’angoscia si fanno strada verso l’oblio inevitabile, durante il quale tirare le somme fintanto che c’è tempo e se possibile lasciare spazio anche per l’accettazione o a qualcosa di molto simile.

Per esempio nel contorcersi e stritolarsi sul proprio asse Ungrateful propone uno scenario quasi rilassante tra le macerie ardenti. Presto però si passa per gli attacchi di panico e le convulsioni di Panic Attack, uno dei pezzi più concitati di un album in prevalenza downtempo e cosmico, che fa pensare tantissimo e inevitabilmente a Burial in By my self e a certi Boards of Canada sedati in We set in a car. Shlohmo è bravo a tirare fuori un album di elettronica glamour che non eccede mai negli aspetti controversi o spigolosi, l’ansia è controllata per non degenerare mai, quindi non annoia né risulta inoffensivo. La produzione magistrale gli conferisce un’estetica attraente e l’utilizzo di una strumentazione “giocattolo” dona quel tocco di lo-fi per un risultato nel complesso ottimo.

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