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Kanye West sarà anche il messia del rap, ma ‘Jesus is King’ non è un miracolo

La svolta gospel ha dato vita a un album sorprendente, non sempre nel senso migliore. Tra brani incredibilmente evocativi e strani paralleli tra Gesù e una catena di fast food, il disco convince a metà
3 / 5

Nel novembre 2010 Kanye West pubblicava il suo quinto album in studio, My Beautiful Dark Twisted Fantasy (MBDTF ), dopo una lunga serie di dischi estremamente innovativi che riuscivano ad arrivare davvero a tutti, dai fan del rap a chi il rap lo tollerava a fatica. MBDTF spostava l’asticella ancora più in alto, perché era talmente rivoluzionario, epico e monumentale da guadagnarsi per acclamazione un posto tra gli album più belli di sempre. E questa è stata la consacrazione e allo stesso tempo la maledizione di Kanye, perché da allora fan e critici si aspettano che pubblichi un altro MBDTF, cosa che puntualmente non succede.

Il fatto che non sia più riuscito a raggiungere il livello di quel progetto non significa che i suoi album successivi gli siano riusciti male; quantomeno, non tutti. Watch the Throne, con Jay-Z, forse non ha rivoluzionato gli standard dell’hip hop, ma è un piccolo capolavoro, e Yeezus forse non è un capolavoro, ma senz’altro ha cambiato le regole del gioco. Per contro, The Life of Pablo era piuttosto debole e, diciamocelo, ye era decisamente bruttino, mentre Yahndi, che era atteso per l’autunno 2018, è scomparso dai radar ed è uscito solo in forma di bootleg, senza autorizzazione dell’autore, perciò non possiamo giudicare. Musicalmente parlando, resta però il fatto che l’attesa per la Rivelazione e il Rapimento Estatico a quanto pare proseguirà ancora. Anche se il nuovissimo Jesus Is King è un lavoro dignitoso, interessante e apprezzabile sotto molti punti di vista, siamo ancora ben lontani dal livello che ci aspettiamo da un album di Kanye. Ovvero, un livello capace di scatenare l’Armageddon e resuscitare i morti.

Jesus Is King è un album gospel, non nel senso che suona come quelli di Mahalia Jackson o di Kirk Franklin, ma nel senso che ogni brano è una manifestazione della sua devozione nei confronti di Dio. L’idea era di pubblicare qualcosa di molto più profano, ovvero il famoso album Yahndi di cui si sono perse le tracce, ma poi, come racconta nel testo di Selah, “Jesus did the laundry” (letteralmente, “Gesù ha lavato i panni”) e il risultato di questo bucato divino, dopo vari ritardi, è oggi a portata delle orecchie di tutti. Negli ultimi anni Kanye West è stato protagonista di una vera e propria conversione sulla via di Damasco, che lo ha portato tra le altre cose a tenere una serie di Sunday Service – il nome che i protestanti danno alla nostra messa – in cui rifaceva molti dei suoi classici in versione gospel, cambiando il sound e in parte anche il testo, ad esempio eliminando parolacce e oscenità per non turbare il Signore e i fedeli. Sunday Service è diventato anche il nome del suo nuovo gruppo gospel, che lo accompagna sia dal vivo che su disco. Il frutto di questa spiritualità ritrovata è un album estremamente breve e compatto (27 minuti e una manciata di secondi), privo di artwork (la copertina è un semplice vinile blu su sfondo bianco), accompagnato da un ambiziosissimo lungometraggio girato all’interno di un’opera architettonica dell’artista James Turrell che si trova nel cratere di Roden, zona desertica dell’Arizona.

Il risultato è sorprendente, ma non sempre nel senso migliore. Water, nelle sue atmosfere rarefatte ed eteree, è senz’altro una delle tracce più evocative che abbia pubblicato finora, e Use This Gospel è una dimostrazione dei superpoteri di Kanye: è riuscito a unire i Clipse, uno dei gruppi rap più intransigenti e hardcore della storia dell’hip hop americano, a Kenny G, uno dei sassofonisti pop-jazz più slavati e vituperati della storia della musica, e a creare un brano incisivo e memorabile che celebra il Vangelo. Per contro, pezzi come Closed on Sunday ti fanno passare tutta la poesia: per invitare i fedeli a celebrare la sacralità della domenica, Kanye dice a Gesù che è il suo Chick-fil-A, la celebre catena di fast food americani che sono sempre chiusi la domenica per questioni religiose. Insomma, un progetto in cui il minimalismo e la grandeur vanno a braccetto per servire uno scopo più alto, con esiti a volte ottimi e a volte molto meno. La speranza è che in futuro Kanye West incanali il suo notevolissimo talento in imprese un po’ meno bislacche, magari tornando a prendersi cura della sua salute mentale e dedicandosi più alla musica che a moda, interviste e politica. Perché quando si parla di un certo tipo di sound è lui il nostro messia, e lo stiamo ancora aspettando.

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