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‘It’ non tradisce lo spirito del romanzo di Stephen King

L'adattamento di Andy Muschietti è un horror, certo, ma è anche e soprattutto un racconto di formazione divertente e toccante
3.5 / 5

Guardi It e, oggi, è impossibile non pensare a Stranger Things: gli anni ’80, la minaccia soprannaturale, i ragazzini in bici, un’eroina femminile che spacca, la cava. E poi Finn Wolfhard, il Mike Wheeler dello show di Netflix, che, con tanto di occhialoni dalle lenti spessissime, è irresistibile tra sottosopra (questa volta) ormonali e battute una dietro l’altra.

Nel nuovo adattamento del bestseller di Stephen King, diretto da Andy Muschietti, c’è molto della serie dei Duffer Brothers, anche dal punto stilistico, ma quel che più conta è che il film prende il mitico romanzo e fa dei cambiamenti anche sostanziali, senza però tradirne mai, MAI, lo spirito. Il clown che incarna le nostre peggiori paure è terrificante ma sono i ragazzini, o meglio i Losers, a vincere tutto. Se infatti parliamo di twist puramente horror, negli ultimi anni abbiamo visto cose decisamente più spaventose ed esagerate. Con It qualche salto sulla poltrona del cinema lo farete ed alcune scene sono assolutamente inquietanti. Ma sempre con quel pizzico di umorismo alla King.

Il film racconta la prima parte della storia: nel 1988 il piccolo Giorgie scompare mentre fa navigare la sua barchetta per strada durante un temporale. Quando le sparizioni di bambini nella cittadina di Derry diventano più frequenti, il fratello Bill e il suo gruppo di amici decidono di indagare.

Pennywise è interpretato, con una buona dose di trucco e CGI (forse troppo, si poteva dare più fiducia all’attore), dal 27enne Bill Skarsgård che riesce a trovare una sua strada rispetto alla visione di Tim Curry, responsabile dei traumi di una generazione: le sue apparizioni sono centellinate e va bene così perché in effetti più lo vediamo sullo schermo, meno ci terrorizza.

La vera forza del film sono i ragazzini: dal balbuziente Bill all’esperto di storia sovrappeso Ben, passando per Beverly, indipendente e insieme fragile (bravissima Sophia Lillis) a causa degli abusi subiti dal padre.

Perché It è un horror, certo, ma è anche e soprattutto un racconto di formazione divertente e toccante (un po’ alla Stand By Me), dove i protagonisti non hanno bisogno di un clown a terrorizzarli: ne hanno già abbastanza dei genitori e dei bulli della scuola.

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