Rolling Stone Italia

‘Innocenti e gli altri’ racconta la verità, Los Angeles e l’amore per il cinema

Dana Spiotta ha scritto il suo ultimo romanzo con piglio da documentarista, raccontando una storia profonda e ambivalente
4 / 5

Quando i documentaristi parlano del loro rapporto con la verità resta sempre una latenza, la prossimità con l’oggetto che crea distanze man mano che ci si avvicina. Il romanzo di Spiotta si interroga sull’aspetto confessionale della verità proprio con un approccio da documentarista (non a caso ciò che diventerà Meadow, la protagonista) rivelando i gradi di manipolazione dell’esistenza – anche la propria – che adottiamo per costruire un’identità.

(“Una bugia su di te non andrebbe chiamata bugia. Ha bisogno di un termine diverso. Magari è una fabula (…) una nebbia del possibile dove non c’è ancora niente”). Non è semplice raccontare Gli innocenti e gli altri, perché il dispositivo ideato da Spiotta ci immerge nel processo creativo di chi cerca di scoprire cosa vuole raccontare mentre lo sta raccontando.

Ci sono Meadow e Carrie, amiche cresciute nella Los Angeles anni ’80 che inseguono la loro passione per il cinema, e c’è poi un terzo personaggio – bellissimo – Jelly, una donna obesa che seduce uomini potenti al telefono grazie alla sua voce.

La macchina da presa segue le loro vite nella continua ambivalenza tra percezione e mispercezione: ovvero l’unico modo in cui la verità può essere raccontata.

Iscriviti