‘In/Out/In’ dei Sonic Youth è il meraviglioso crepuscolo dei padrini dell’underground | Rolling Stone Italia
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‘In/Out/In’ dei Sonic Youth è il meraviglioso crepuscolo dei padrini dell’underground

L’album di jam del periodo 2000-2010 ha il passo pacato della maturità e un po' del solito spirito d'avventura. Non sembra una raccolta di scarti, ma il disco perduto degli eroi del rock indipendente

I Sonic Youth nel 2002

Foto: Hayley Madden/Redferns

Una volta giunti al terzo e ultimo decennio d’attività, i Sonic Youth hanno deciso di prenderla con più calma. Invece di reinventare l’idea e il suono stesso del rock come avevano fatto negli anni ’80 o dare una forma adatta al mainstream alla loro furia come nei ’90, nel nuovo millennio i musicisti della band hanno cementato il proprio status di eroi del rock indipendente.

Com’è evidente ascoltando Murray Street del 2002 o Sonic Nurse del 2004, la loro musica sembrava sempre sul punto di deragliare, ma allo stesso tempo sembrava più morbida e rilassata. È la sensaione che si prova ascoltando questa raccolta di jam perlopiù strumentali registrate nei dieci anni che hanno preceduto la fine del matrimonio tra Thurston Moore e Kim Gordon, e di conseguenza la fine della band.

Costruito prendendo da vari mixtape online e da una vecchia compilation (con altri artisti) dell’etichetta Three Lobed, In/Out/In non sembra una raccolta di scarti, ma un album perduto dei Sonic Youth, con versioni che precedono la decisione su chi poi le canterà. L’immancabile esperimento si intitola Social Static ed è stato registrato nel periodo in cui Jim O’Rourke faceva farte della line-up. Il suo mix di bleep e suoni fragorosi fa sembrare i Sonic Youth degli alieni che cercano di far funzionare un tritarifiuti.

Le altre tracce sembrano richiamare gli anni in cui i Sonic Youth cercavano di essere accettati dal popolo del Lollapalooza e quindi non sconfinano mai nel rumore amorfo. La band resta ancorata ai groove e così la forza bruta di Out & In ricorda l’epoca di Daydream Nation, Machine sembra uno scarto di Dirty senza però le tre voci soliste, Basement Contender cattura la bellezza fragile delle loro ultime uscite, quando una semplice jam su degli accordi poteva trasformarsi in un uragano sonoro. Era l’epoca in cui si cominciava a capire che le chitarre e il rock stesso non erano più centrali nella cultura popolare. Anche allora, i Sonic Youth riuscivano a trasformare il passo pacato delle loro canzoni in emozione e tormento.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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