‘Il diritto di opporsi’: Michael B. Jordan e Jamie Foxx portano il razzismo in tribunale | Rolling Stone Italia
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‘Il diritto di opporsi’: Michael B. Jordan e Jamie Foxx portano il razzismo in tribunale

Ispirandosi a fatti realmente accaduti, Destin Daniel Cretton firma un classico legal drama che usa la Storia per raccontare l’attualità

Michael B. Jordan e Jamie Foxx nel 'Diritto di opporsi'

Foto: JAKE GILES NETTER/Warner Bros.

Il diritto di opporsi non è esattamente il film che definiresti rivoluzionario: abbiamo già visto tantissimi legal drama simili, pure troppi. Ma le dure verità sulle ingiustizie razziali di questo racconto ispirato a fatti realmente accaduti arrivano forti e chiare, soprattutto grazie alle splendide performance di Michael B. Jordan e Jamie Foxx.

Jordan interpreta Bryan Stevenson, un ragazzo appena laureatosi in Legge a Harvard che, nel 1989, decide di lanciare la Equal Justice Initiative a Monroe County, Alabama, mettendosi dalla parte dei detenuti innocenti nel braccio della morte e delle loro cause perse. Uno dei suoi primi clienti è Walter McMillian (Foxx), noto anche come Johnny D, proprietario di una piccola azienda di legname accusato dell’omicidio di un’adolescente bianca. Per colpa del razzismo molto radicato in quella società e del lavoro inefficace di due avvocati precedenti, McMillian non sa se accettare l’impegno pro bono di Stevenson. Nel coinvolgente legal drama che il regista Destin Daniel Cretton (Short Term 12, Il castello di vetro) e il co-sceneggiatore Andrew Lanham hanno scritto a partire dall’autobiografia di Stevenson uscita nel 2014, emerge chiaramente quanto il doloroso bisogno di lottare per i diritti civili non sia diminuito, nonostante in tre decenni l’associazione di Stevenson abbia salvato dal braccio della morte più di 125 detenuti. Non sorprende che l’arcivescovo Desmond Tutu lo abbia soprannominato “il Mandela d’America”.

Il Diritto di Opporsi - Trailer Ufficiale Italiano

Jordan mette corpo e anima nel ruolo del battagliero avvocato. E Foxx, meritatamente candidato come miglior attore non protagonista dalla Screen Actors Guild, fa intuire tutta la rabbia e le emozioni represse di un uomo che ha perso ogni speranza. «Qui in Alabama», dice a Stevenson, «sei colpevole dal momento in cui vieni al mondo». Fa eco alle parole di McMillian la colonna sonora del film, che include brani come il canto degli schiavi No More Auction Block. E il fatto che il tribunale usato per il processo sia il luogo in cui gli schiavi neri venivano venduti ai bianchi. Inoltre, è tristemente ironico l’orgoglio dimostrato dagli abitanti di Monroe County nei confronti della loro concittadina Harper Lee, autrice del premiatissimo Il buio oltre la siepe: un romanzo che sembra rispecchiare le ingiustizie subite da McMillian.

Ammirevolmente, Il diritto di opporsi non eccede mai in retorica. Cretton si attiene alle severe regole dei procedimenti giudiziari, che talvolta soffocano il dramma connaturato alla corruzione del sistema legale. Sono gli attori a portare un soffio di vita in questo processo. Tra loro c’è anche la vincitrice dell’Oscar Brie Larson, un’habituée dei film di Cretton qui nei panni di Eva Ansley, avvocatessa locale che permette a Stevenson di usare casa sua come quartier generale dell’Initiative, dopo che l’intera comunità gli ha chiuso le porte in faccia. Per evitare di far passare Stevenson come l’uomo dei miracoli, il regista ne ritrae anche gli insuccessi: come il caso di Herb Richardson (un magnifico Rob Morgan), il veterano di guerra affetto da stress post-traumatico e accusato di aver piazzato la bomba che ha ucciso una donna che l’avvocato non è riuscito a salvare dalla sedia elettrica.

Il film ripercorre scrupolosamente tutti gli ostacoli che Stevenson ha dovuto superare: dal procuratore distrettuale corrotto Tommy Chapman (Rafe Spall) al testimone-chiave Ralph Myers (Tim Blake Nelson), il compagno di prigione la cui testimonianza contro McMillian sembra manovrata dalla polizia. Il sempre bravissimo Nelson porta un briciolo di umanità a quell’uomo bigotto e tormentato.

Il cuore del film è rappresentato da McMillian e dalla sua famiglia, con la moglie (Karen Kendrick) pronta a dare un’immagine del marito come di un uomo non privo di difetti, ma incapace di commettere un crimine come quello di cui è stato accusato. La recitazione sfaccettata e calibrata di Foxx ci permette di vedere McMillian come una delle tante vittime di un sistema che prova a nascondere il marcio che ha dentro. L’acceso confronto in aula con cui si chiude il film – con Stevenson che pone il razzismo stesso al centro del dibattito – porta a una piccola vittoria, in una Storia costellata di sconfitte. La società ne esce assolta, ma la vera battaglia deve ancora essere vinta. È questa la forza del Diritto di opporsi. Ti costringe a essere, tu stesso, un testimone di questo infinito processo.

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