Il blues non è roba da museo: firmato Taj Mahal & Ry Cooder | Rolling Stone Italia
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Il blues non è roba da museo: firmato Taj Mahal & Ry Cooder

In ‘Get on Board’ i due grandi musicisti rendono omaggio a Sonny Terry e Brownie McGhee. È un disco vivace, vissuto, spontaneo, scomposto il giusto. E per niente ammuffito

Taj Mahal e Ry Cooder

Foto press

Gli artisti che incidono dischi tributo tendono ad essere fin troppo riverenti, quasi fossero bloccati dalla paura di sembrare irrispettosi verso l’oggetto della loro passione. Non è il caso dei veterani Taj Mahal e Ry Cooder, che sono tornati a fare un intero album assieme per la prima volta dai tempi dei Rising Sons.

Il riferimento all’album edito dalla Folkways nel 1952 del grande dell’armonica Sonny Terry e del suo storico collaboratore, il chitarrista Brownie McGhee, è evidente nel titolo Get on Board, nella grafica della copertina, nella scelta delle canzoni. L’album di settant’anni fa era una collezione di blues acustici dal feeling spontaneo. Mahal e Cooder, che si alternano a voce e strumenti a corda (e non solo) lavorano sulla medesima atmosfera. Le voci consumate dal tempo e la musica danno la sensazione d’essere intime e vissute. È il suono di due vecchi amici che si ritrovano a suonare in una piccola stanza.

Siccome quei due vecchi amici vogliono fare anche un po’ di casino, quello che rischiava di diventare un tributo misurato diventa invece un disco vivace e viscerale. Immaginatelo come un giro in un’auto d’epoca con ammortizzatori che hanno fatto il loro tempo. Mahal, Cooder e il figlio di quest’ultimo Joachim, a basso e batteria, iniziano il viaggio da My Baby Done Changed the Lock on the Door, pezzo inciso da Sonny Terry in un altro album. Rispetto alla versione originale, il backbeat è più duro, la musica più forte. Non è roba delicata o compassata.

Taj Mahal & Ry Cooder - Hooray Hooray (Official Video)

È il tipo di atmosfera gioiosa che permea tutto l’album, omaggio al Piedmont blues della coppia Terry & McGhee. Il traditional What a Beautiful City sembra un sermone gospel, mentre Deep Sea Diver è trasformata in uno shuffle ammiccante per pianoforte (mettiamola così: si parla di avventure, ma non subacquee). Sacro, peccaminoso e ridicolo stanno uno a fianco all’altro. Per dire, nella giocosa Cornbread, Peas, Black Molasses, scritta da Terry e McGhee, ci sono Mahal e Ry Cooder che fanno di tutto per far scompisciare l’altro dal ridere.

Ora, questi due musicisti sono autentiche istituzioni e in questo disco non hanno nulla e tutto da perdere. Prendete Packing Up Getting Ready to Go. La versione di Terry e McGhee aveva qualcosa di sbarazzino, laddove Mahal e i due Cooder la rendono inquietante e minacciosa. Vale per questa canzone e per tutto l’album: rischiava di portarti al museo e invece ti trasporta in una strada di campagna deserta, con strani rumori che vengono dal bosco. Lo dico come complimento: Sonny Terry e Brownie McGhee ne sarebbero stati onorati e al tempo stesso sconvolti.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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