I Weezer sono più di una cover di 'Africa' | Rolling Stone Italia
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I Weezer sono più di una cover di ‘Africa’

Nonostante abbia avuto una genesi del tutto particolare, 'Black Album' è un disco puro dei Weezer. Tra zombie, strane storie dei quartieri di Las Vegas e il sogno di una California innevata

Con band come i The Weezer ci si sposta su una scala di valori in cui la purezza è l’aspetto più importante. Sotto questo punto di vista l’album di cover (assolutamente da ascoltare) uscito a sorpresa poche settimane fa, in cui, tra le altre, compare una versione di Africa dei Toto a seguito delle (a dir poco) pressanti richieste provenienti da un apposito account Twitter, rappresenta già un game, set and match.

Sappiamo che la band statunitense non si distingue di certo per una spiccata fantasia nell’assegnare titoli ai propri album: su quattordici dal 1994 a oggi, ben sei sono omonimi, e variano di colore in colore, dopo il blu, il verde, il rosso, il bianco e l’appena citato turchese, è il momento dell’album nero, come ampiamente annunciato. Prodotto da Dave Sitek dei TV on the Radio, la vera novità è rappresentata dalla genesi: è stato interamente composto al pianoforte da Rivers Cuomo. Inoltre, c’è stato uno scambio di ruoli all’interno della band, anche se questo non ha niente a che vedere con gli episodi celebri che coinvolsero gli Oasis a Top of the Pops nel 1995 – esibizione in cui Noel canta Roll With It, al posto di Liam abbastanza impacciato alla chitarra solista – oppure quello ancora più epocale andato in onda a Quelli che… il calcio in cui i Muse fecero un po’ di stravolgimenti alla formazione classica, sotto gli occhi di una Simona Ventura del tutto ignara.

In questo caso invece Patrick Wilson anziché suonare la batteria, si è messo alla chitarra e al basso, solitamente competenza di Scott Shriner che invece è passato ai sintetizzatori. Questi cambiamenti si notano nei dettagli, ma il quadro complessivo non cambia: Black Album è un album puro dei Weezer, anche se (come promesso da Cuomo, che aveva parlato addirittura di bestemmie) conta un paio di testi espliciti, in Can’t knock the hustle e Byzantine. Per il resto, al centro della narrazione ci sono gli zombie (Zombie bastard un classico all’ukulele), la dura vita a Las Vegas (Living in L.A. esercizio di stile indie Anni Zero) e la preveggenza di una California innevata, visto che giusto qualche giorno fa ha nevicato a Los Angeles dopo quasi sessant’anni. È appunto l’ultima traccia California Snow forse il simbolo di questa (non)conversione a un nuovo pop-rock che non si allontana di certo dai lavori precedenti, ma che pulsa di una nuova brillantezza, perché, si sa, la purezza non invecchia mai.

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