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I Tre Allegri Ragazzi Morti hanno ancora qualcosa da dire

Se vi stavate chiedendo se sono ancora vivi, la risposta è "Sindacato dei Sogni": la dimostrazione che i tre (ex) ragazzi stanno facendo ciò che sanno fare meglio
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“Ma ancora fanno dischi i Tre Allegri?” si legge tra i commenti del nuovo singolo. E forse il punto è proprio questo, la necessità o meno di un nuovo capitolo nella già ricca discografia del gruppo di Pordenone. Più di dieci anni fa, all’uscita de La Seconda Rivoluzione Sessuale, Davide Toffolo fu il primo a stupirsi, forse. “È il quinto disco in studio, lo avreste mai detto?”, dichiarò. Da quell’uscita ne hanno pubblicati altri quattro di dischi (ma, tra unplugged, bootleg e omaggi allo swing e al dub il numero raddoppia), facendo sostanzialmente quello che meglio sanno fare: “Poesia minimale in forma di rock’n’roll nella provincia dell’Impero”, citando. Venticinque anni (già) di indipendenza autentica, lucida, ammaliante. Senza retorica politica, per carità di dio.

Quando esordirono, con Piccolo Intervento a Vivo, (ammettiamolo pure) nessuno aveva visto nei Tre Allegri Ragazzi Morti una band in grado di avere ampi consensi o in grado di trovare spazio nel cosiddetto circuito mainstream: quello, per capirci, della massa, di chi va negli stadi per sentire un concerto, degli ascoltatori dei network radiofonici in odor di Gioca Jouer, dei volti copertinati a ogni tassello della loro vita artistica. Le cose sono andate diversamente ma non nel modo in cui, quasi di sicuro, state pensando. E ritorniamo all’etimo “ammaliante” di prima. Il gruppo del Tofo, Enrico Molteni e Luca Masseroni ha attratto a sé gli stadi di Jovanotti, le disfunzionali interviste di Radio Deejay e persino un premio Oscar come Salvatores (se con un pizzico d’invidia o solo per ammirazione, non è dato sapere). Sempre senza nulla cambiare alla sostanza della loro essenza. Ritrovandosi così con un ruolo che oserei dire privilegiato, con buona pace di chi crede che il successo sia quello di Calcutta: non da stella di prima grandezza ma da nana blu, imperturbabilmente underground, capace di conquistare lo sguardo e l’attenzione di chi la incrocia, restando miracolosamente ancora libera di autogestirsi.

Mettete su Sindacato Dei Sogni (nulla di politico neanche qui, se non conoscete i The Dream Syndacate è di nuovo il momento di imparare qualcosa) e prendete il tris di canzoni iniziali, poi provate a pensare a un’altra band in grado di risultare sempre così fresca e spontanea: Caramella è un lecca-lecca pop multigusto, nel quale i singoli ingredienti – krautrock, synthpop e costruzione lirica proto-punk – si amalgamano tra loro con una semplicità disarmante; in Calamita ci troverete il college rock dei primi R.E.M., quando ancora avevano le chitarre che sapevano di Byrds, i Wilco più appetibili, gli ultimi Television per il basso impeccabile e chi sa quante altre cose, se alla fine non sembrasse solo un’altra genialata dei Tre Allegri con un testo tra i più autobiografici di Toffolo, tutto come sempre senza spocchia e senza sofismi; C’era Un Ragazzo Che Come Me Non Assomigliava A Nessuno, con il suo corpo Neue Deutsche Welle grazie al sax pirotecnico di Francesco Bearzatti e il piano elettrico di Nicola “Bologna Violenta” Manzan, fa dimenare gambe e fianchi, un passetto avanti e uno dietro, sotto i riflessi di una luce strobo in chi sa quale club della Pordenone del Great Complotto.

E ci si potrebbe anche fermare qui, per rispondere a chi formulava la domanda qui sopra non con uno, ma ben tre bei perché. Ma c’è dell’altro ovviamente: i profumi vagamente Paisley Underground dell’armonica a bocca di AAA Cercasi, dissimulati nel ritratto di una nuova figura femminile; la vita sbarazzina dopo la guerra di Bengala, altro papabile classico dal vivo del terzetto; una Accovacciata Gigante scritta a quattro mani con Mattia Cominotto degli Od Fulmine che, da una botta cantautoriale iniziale, finisce sa solo lei dove, un po’ Centrifuga e un po’ Careful With That Axe Eugene, se vogliamo sbizzarrirci nei paragoni; Difendere i Mostri dalle Persone, colonna sonora ideale per una serata invernale malinconica ora che inizia a piovere ovunque; oppure, se non soprattutto, il congedo di Una Ceramica Italiana Presa in California, possibile immaginaria title-track per via della vicinanza alla veste grafica del disco nel titolo, dove va piacevolmente fuori controllo la produzione avant-prog di Matt Bordin, capofila della nuova scena psichedelica occulta italiana con gli Squadra Omega: dodici minuti che, continuando a delineare in modo inedito il loro mondo strano e surreale, metteranno di nuovo in modo le sinapsi del loro pubblico. Specie quello più affezionato. Insomma, se vi state domandando come chi qui sopra se, dopo la scoperta del rock ‘n’ roll da parte del fratellino e della cumbia da parte di Davide Toffolo, il viaggio dei TARM abbia ancora qualcosa da dare/dire, Sindacato dei Sogni è di sicuro un ottima risposta e una bella sorpresa.

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