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I Rolling Stones prima dei Rolling Stones

L'ultima uscita della band rock & roll più grande della storia è un viaggio indietro nel tempo, una fotografia di un gruppo di ragazzini fissati con il blues americano. La perfetta chiusura del cerchio aperto con 'Blue and Lonesome'
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«Speriamo che non ci vedano come un gruppo rock n’ roll», diceva Mick Jagger a Jazz News per presentare il primo concerto degli Stones al Marquee Club, il 12 luglio 1962. «All’epoca c’era molto snobismo musicale, tutto andava inserito in caselle specifiche. Il Marquee era un jazz club, e ospitare una band con un repertorio blues era un po’ un’eccezione».

Poche settimane dopo, ad agosto, Jagger e Brian Jones – che si firmava Elmo Lewis in onore del suo eroe Elmore James – si trasferiscono al numero 102 di Edith Grove, a Londra, dove Richards li avrebbe raggiunti qualche mese dopo. L’appartamento era sudicio e minuscolo: una camera da letto, un piccolo salotto, una cucina e un bagno in comune con altre due case. È lì, illuminati da una singola lampadina, che i tre musicisti si scambiano un’infinità di dischi che diventeranno lo scheletro delle loro prime composizioni: Jimmy Reed, Bo Diddley, Chuck Berry, Otis Redding e Buster Brown.

E il pezzo che apre la nuova raccolta Rolling Stones On Air arriva direttamente da quel repertorio. Si tratta di Come On di Chuck Berry, suonato dagli Stones il 23 settembre del 1963 per Saturday Club, il primo di una lunga lista di canzoni registrate in occasione delle esibizioni della band nelle trasmissioni della BBC – Top Gear, Rhythm and Blues e The Joe Loss Pop Show – tra il 1963 e il 1965. I 32 brani – di cui 8 versioni inedite – sono stati “resuscitati” dai tecnici di Abbey Road, che attraverso una tecnica chiamata DEMIX sono riusciti a isolare le tracce dei singoli strumenti – anche partendo da incisioni mono – per poi rifare il mix da zero, un lavoro di archeologia musicale completamente diverso dalle remastered che affollano il mercato oggi.

Il risultato è tanto impressionante quanto eterogeneo: alcuni brani suonano puliti e compatti (Come On, Route 66, You Better Move On, Mona), altri sporchi e misteriosi, quasi lisergici (It’s All Over, Last Time). Peccato per i fade out improvvisi e per la quasi assenza di pubblico – che si sente per la prima volta in Cops and Robbers, la quinta canzone in scaletta – e di frammenti delle trasmissioni ospitanti, che avrebbero aiutato a contestualizzare storicamente l’impatto degli Stones sull’Inghilterra dei primi anni ’60.

Di solito i momenti “formativi” della vita di una band rimangono segreti, nascosti nelle mura della sala prove: grazie a On Air possiamo ascoltare gli Stones in purezza, quando erano ancora una somma di influenze, un gruppo di ragazzini fissati con la musica dei neri americani. C’è tanto Otis Redding nella voce di Mick Jagger, tantissimo Chuck Berry nella chitarra ritmica di Keith Richards; ci sono stacchi imprecisi, errori, in alcuni passaggi anche un po’ di ingenuità, ma non ce ne frega niente. On Air è una fotografia scattata pochi istanti prima dell’esplosione della Swingin’ London, della controcultura e delle contestazioni giovanili, pochi istanti prima che questa band di ragazzi dei bassifondi cambiasse per sempre la storia del rock.

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