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I Public Enemy ci ricordano che il rap è ancora la CNN del ghetto

Nel nuovo album Chuck D e Flavor Flav evocano i loro dischi anni ’80 e '90 e dimostrano che i loro messaggi sono rilevanti nell'era di Black Lives Matter e dei complotti che viaggiano via internet
3 / 5

Per il loro 15esimo album, i Public Enemy sono tornati su Def Jam, l’etichetta che hanno contribuito a rendere grande coi loro classici hip hop. Il momento non poteva essere migliore. Il movimento Black Lives Matter ha rimesso al centro dell’attenzione il tipo di protesta radicale che i Public Enemy hanno portato per primi nel rap e che ora rivive in Alright di Kendrick Lamar, The Bigger Picture di Lil Baby e nel remix di Rockstar di DaBaby. Per questo, quando chiedono “Il rap è ancora la CNN nera?”, interpretando il ruolo dei guardiani della tradizione, la risposta non può che essere: sì, in un certo senso lo è. Il fatto che Chuck D e Flavor Flav siano ancora pieni di speranza e allo stesso tempo scettici, e il loro modo di onorare il passato cercando di gettare le basi per il futuro rendono What You Gonna Do When the Grid Goes Down? appassionato, ribelle, incazzato.

Essere attuali, ma fedeli al proprio mondo, appassionati e arrabbiati è il marchio di fabbrica del gruppo. In GRID, con i Cypress Hill e il re del funk George Clinton, Chuck D se la prende con l’eccesso di tecnologia e la dipendenza da iPhone (“Senza internet, messaggi e tweet / sarà come gli anni ’80 con gli invasati per le strade”). È un grande messaggio in un’epoca in cui la rete ha trasformato le mamme di provincia repubblicane in psicopatiche complottiste ed è trasmesso con un tono che ricorda quello di un genitore incazzato che cerca di tenere i figli lontani da TikTok. “Niente app / niente rete, è quello di cui abbiamo bisogno per ristabilire i contatti umani”. Altrove, l’album è pieno di nostalgia per i giorni di gloria dei Public Enemy, vale a dire gli anni ’80. Nel disco appaiono i vecchi amici della Def Jam, Mike D e Ad Rock dei Beastie Boys e i Run-DMC, insieme a Terminator X, in una nuova versione del classico dell’87 Public Enemy No. 1 (intitolato Public Enemy Number Won), mentre in Rest in Beats Chuck trasforma una celebrazione dei grandi del passato dell’hip hop in un appello affinché la musica di oggi sia alla loro altezza.

When The Grid Goes Down dà il meglio quando i Public Enemy offrono una visione della loro storia rilevante per il momento in cui viviamo. Più che riciclare il passato, Fight the Power 2020 è l’incarnazione di una cultura organica: sullo stesso beat di James Brown che ha agitato milioni di neri nell’89 ora ci sono nuove strofe di Nas, Black Thought dei Roots, Jahi del gruppo PE 2.0, il rapper di Compton anti-Trump YG, e la MC conscious della Carolina del Nord Rapsody, che aggiorna il testo del brano con versi come “amate Black Panther ma non Fred Hampton” e, mentre la voce sottolinea l’urgenza del momento, “combattete per Breonna Taylor e il dolore di sua madre”. Quando Chuck arriva al punto in cui nell’originale diceva “Elvis era un eroe per qualcuno” vi si rizzeranno capelli. Anche il suono aggressivo dei Public Enemy sembra altrettanto vivo, tiene insieme l’hard rock-funk di Funkadelic e Rage Against the Machine (Beat Them All) con l’assalto a base di droni dei Run the Jewels, che Chuck cita insieme a una lunga lista di artisti contemporanei, colleghi ed eredi, che bastano per riempire un negozio di dischi.

Nonostante abbia 60 anni, la voce di Chuck D non sembra invecchiata di un solo giorno e i suoi versi anti Trump in State of the Union (STFU) rimbombano con incredibile autorità sul beat di DJ Premier. Flavor Flav è ancora un portento, sempre pronto ad alleggerire il caos con freddure e battute. All’inizio dell’anno, l’assenza dal set dei Public Enemy a un comizio di Bernie Sanders aveva portato al suo allontanamento dal gruppo, una voce che Chuck ha poi definito «una bufala». In ogni caso, i due qui sono perfetti. Nella martellante Toxic, Chuck piazza una strofa brillante, il beat si ferma e Flav appare per fare i complimenti come un fratello maggiore: “Ehi! Quella roba suona bene”. È un momento dolce e pieno di verità. La cosa più confortante di questo disco non sono gli attacchi politici, ma i ragazzi che combinano tutto quel casino.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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