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I cento cieli di Clap! Clap!

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4 / 5

La storia dell’instancabile Cristiano Crisci, in arte Clap! Clap!, si arricchisce di un nuovo episodio sull’inglese Black Acre, intitolato A Thousand Skies. La meta narrazione è tenuta insieme, oltre che dall’onnipresenza delle voci e delle percussioni, dalla costruzione di un immaginario celeste fatto di richiami a miti di stelle e costellazioni, metafora dei mille mo(n)di di intendere il suono elettronico oggi della post-globalità. Complice l’apertura verso le musiche del mondo, Clap! Clap! compie un viaggio che non passa solo dall’Africa, come si percepisce al primo ascolto, e dove non manca di aggiungere capitoli da tunnel tribale perfetti per la pista. Ne sono un esempio luminoso Ar-Raqis, Betelgeuse’s Endless Bamboo Oceans, Rainy Souls, Gloomy Futures. Al dispetto dei titoli, sono capitoli molto brevi tranne che per la bellissima Ode to the Pleiades, dove il noto ammasso di stelle è raccontato attraverso una melodia di un sitar in chiave sintetica. Alla fascinazione più orientale di Flowing Like A Snake in Ophiuchus’s Arms si contrappone quella africana fatta di suoni e voci come nelle spensierate afro tribe elettroniche zulù di Nguwe, o i ricorrenti cori dell’intro Discessus e Witch Interlude, unico intermezzo più buio. Nelle vene del musicista Cristiano Crisci scorre una linfa creativa da cittadino del mondo, che oltrepassa i confini toscani per abbracciare l’impareggiabile antico patrimonio di ieri rinnovandolo in un futuro che risiede sempre più altrove. Outer beats da mille e una notte.

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