Gué Pequeno, la recensione di "Sinatra" | Rolling Stone Italia
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Gué Pequeno ha fatto il disco rap dell’anno

A un anno di distanza da "Gentleman", il rapper si conferma il migliore nel suo campo. Senza dover più dimostrare niente a nessuno

Gué Pequeno

Mentre tutti i rapper over 30 perdono il sonno per l’incubo di scomparire, spazzati via dal tornado da hit parade dei ventenni trapper, Gué passa le sue notti di eccessi nel club privé di chi non deve dimostrare più niente a nessuno. Cosimo è uno spaccone, vero, ma sa fare un disco da numero 1 – senza pari nel genere in Italia – con l’umiltà dell’artigiano che cesella ogni barra di ogni brano e con la maniacale professionalità – un po’ Kanye West in questo – di chi sa che la trap (per come la intendiamo) è già roba vecchia, e così cuce la nuova collezione “alta moda” del rap italiano con idee musicali tanto inedite quanto destinate a immediato successo.

Insomma, c’è del mestiere in Sinatra, sicuramente il miglior disco di Gué Pequeno per il flow quasi “autoritario” con cui domina ogni canzone (la voce trova finalmente la velocità e la tonalità di crociera perfetta, cosa rarissima, solo lui e Fibra in Italia hanno questo controllo) e per la naturalezza – la swagghezza, potremmo dire – con cui rende pop e contemporanea la complessità di stili e mondi da cui attinge, dal latin ad Atlanta passando per l’hip hop old school e l’indie rap. È un disco di “tutte hit”, sia chiaro, ma tra le nostre preferite ve ne segnaliamo tre: l’inno romantic rap 2% con Frah Quintale, esempio di come un semplice featuring possa diventare una potentissima canzone a due voci; lo statement street Bastardi Senza Gloria (insieme a un super Noyz Narcos), termometro di quanto la qualità di scrittura – rap, poetica e cinematografica insieme – di Cosimo Fini sia cresciuta, lavorando su un vocabolario homemade che si porta dietro dai Club Dogo e che tutti cercano invano di copiare (“Nella vita mai date risposte giuste/vengo dalla guida laterale sul Booster/alla tua festa arrivo con i killer e i pusher”); terza e non ultimo nostro pezzo preferito è Babysitter, quasi un ironico esercizio di stile in cui Gué ci e si ricorda che il rap è intrattenimento, sofisticato e cazzone al tempo stesso.

Ah dimenticavo, in Sinatra ci stanno pure un pezzo con Sfera Ebbasta (Borsello) e uno con Capo Plaza (Trap Phone), i re delle classifiche del 2018. E saranno le due canzoni del disco che gireranno di più nell’hype parade ai tempi dello streaming di massa: chissà quante delle migliaia di ascoltatori si accorgeranno che “la freschezza del ventenne” è quella di Gué e non degli altri due, ancora un po’ acerbi per competere ad armi (e flow) pari con il più bravo, pure a trappare.

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