The Internet, la recensione di 'Hive Mind' | Rolling Stone Italia
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Gli Internet hanno un problema con la noia


‘Hive Mind’ è in perfetto equilibrio tra jazz, funk e rap, ma soffre di ripetitività. Meglio sentirli dal vivo

Esistono tre tipi di band: quelle che non conosci, quelle che conosci ma non ascolti (e qui si aprirebbero mille altre sottocategorie, che vanno da quelle che non ascolti per disprezzo a quelle di cui semplicemente ti dimentichi), infine quelle che ascolti per davvero.

Nel mio caso, gli Internet appartengono a quest’ultima categoria. Ma proprio per il semplice fatto che non c’è nessuno come loro in giro. Sono giovani, dal vivo suonano come Iddio comanda, mettono jazz, p-funk, rap e R&B nello stesso, bellissimo pacchetto. Sono svegli, e venendo dall’ambiente Odd Future fanno pure parte di quella nuova LA un po’ artsy, impegnata nelle sue lotte sociali ma anche modaiola.

La cantante, Syd, avrà mixato metà degli album di Tyler, the Creator prima di capire che ci si diverte molto di più con la propria band, e quindi in neanche 5 anni sono arrivati tre album. Ognuno migliore del precedente, con l’ultimo Ego Death come punto di arrivo più alto. “È un gran disco, ma questo nuovo sale ancora di un gradino”, ha detto Steve Lacy paragonandolo al nuovo Hive Mind. Comprensibile, dato che da semplice chitarrista è per la prima volta anche il cantante principale del danzereccio Burbank Funk. Eppure non è così perché, sempre per la prima volta, gli Internet sono incappati in un album comunque ottimo, ma con troppi pezzi simili tra loro.

Fra Come Over e Look What U Started, così come fra It Gets Better e Wanna Be intercorre un grado di parentela troppo stretto, non giustificato dall’appartenenza allo stesso disco. Che sia io a sbagliare il giusto contesto di Hive Mind?

In effetti, forse c’è una situazione precisa in cui un disco lento, sensuale e uniforme potrebbe tornare utilissimo.

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