‘Fast & Furious 9’: la corsa di Vin Diesel & Co. diverte ancora, ma ormai gira a vuoto | Rolling Stone Italia
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‘Fast & Furious 9’: la corsa di Vin Diesel & Co. diverte ancora, ma ormai gira a vuoto

Un’avventura spaziale (anche letteralmente) che regala la solita dose di action e location mozzafiato. Ma, dopo più di dieci anni, sicuri che questa saga abbia ancora qualcosa da dire?

Michelle Rodriguez e Vin Diesel in ‘Fast & Furious 9’

Foto: Giles Keyte/Universal Pictures

F9: una specie di shortcut da tastiera del computer di cui però non conosco l’utilità; ma anche un film che, pur con tutto il genuino divertimento che porta con sé, sconta lo stesso destino. È un episodio della saga Fast & Furious, quindi sai quello che ti aspetta: ma fino a un certo punto. Se già vi piace questa banda di specializzatissimi ladruncoli, capitanati da un sempre più stallonesco Vin Diesel, allora vi piacerà anche questo ennesimo capitolo. Se accettate il fatto che la tesi del nono episodio (e non finisce qui) di questo action franchise è che, arrivati a questo punto, si può solo fare di più – più assurdità generale, più cammei e ritorni dai capitoli precedenti, più consapevolezza, più backstory in quella che, dopo più di dieci anni, è diventata ormai una sorta di soap opera – allora Fast & Furious 9 – The Fast Saga andrà giù come acqua fresca. È, in fondo, ciò che tutti chiediamo a film come questo. E, dal momento che arriva al cinema dopo più di un anno di crisi delle sale, F9 è fatto soprattutto per stupire chi torna senza troppe aspettative.

Potete, ovviamente, essere in disaccordo con le logiche da grande Studio. Potete dire: dopo nove film, avremmo pure potuto fermarci. Ma sappiamo come ragiona questa gente. Sappiamo che è una saga su una famiglia; molti di noi hanno probabilmente fatto quei giochini a tema alcolico – uno shot per ogni volta che qualcuno dice famiglia, che usa un sinonimo di famiglia, che allude a qualsiasi cosa abbia a che fare con famiglia – e sanno di cosa parliamo (e poi sono anche finiti in ospedale, ok). Londra, Tbilisi, Montequinto, Colonia: il location-porn, con accompagnamento di musica fatta apposta per guidarci in questi continui spostamenti tra grattacieli e vette di montagna, è un altro degli ingredienti che rendono piacevole la visione. In poche parole: sappiamo come funzionano questi film.

Ma sappiamo anche che ogni promessa di new entry in questo franchise è una minaccia. È mai servito davvero a qualcosa? Be’, no. Ma il trucchetto molto furbo alla base di tutta la serie è aver preso la scena clou di qualsiasi altro film di questo tipo e confezionarci attorno l’intero racconto: è tutto un climax continuo, (quasi) tutto il tempo, capace di tenere insieme i momenti comici e quelli che sembrano usciti da una telenovela. Con questo format bene in mente, anche la solita dose massiccia di action garantita da F9 avrebbe giovato di qualche taglio al montaggio, così come la ripetizione di certe gag. F9 butta nel calderone qualsiasi cosa: inseguimenti nella giungla, campi minati, caos per le strade di Londra, tantissimi villain diversi che però muovono gli stessi fili, flashback piazzati per spiegarci quel che è successo in passato, e anche il gusto di vedere John Cena interpretare il “beta” dell’“alfa” Vin Diesel.

Ma quando fai di quei momenti clou il principale motivo d’interesse di quattro, poi cinque, quindi nove film, hai il problema di come tenere tutto insieme. E, alla fine, F9 s’impantana. Molto, molto a fondo. Diventa cento film in uno. Alcuni funzionano, altri no, ma l’effetto è quello di una trottola che continua a girare, indecisa se prendere la strada del divertimento ipercinetico o quella del dramma che continua a incombere sullo sfondo. Intere sequenze comiche confezionate per farci prendere fiato tra una scena action e l’altra – e quasi tutte affidate a Chris Bridges e Tyrese Gibson – sembrano del tutto staccate dalla storia principale, come se fossero il mero risultato della negoziazione, in fase di contratto, del tempo che ciascun attore avrebbe dovuto avere sullo schermo; e sono piene di battute senza senso, che manco provano a nascondere un certo imbarazzo. (Mettete a confronto queste scene con i tantissimi product placement: sai che tutte le bottiglie di Corona che vedi sono lì per ragioni commerciali, ma i personaggi di Fast & Furious sono così naturalmente dei bevitori di Corono che non ti fa l’effetto imbarazzante dei momenti comici di cui sopra.)

La trama? Ah, già: c’è una trama. Moltissimi ritorni dal passato (uno anche in senso letterale); un piano per la dominazione del mondo in cui viene utilizzata una tecnologia che nessuno prova a spiegare approfonditamente perché tanto chi se ne frega; la banda che si rimette insieme; la banda e gli aspiranti dominatori del mondo che si inseguono sui soliti macchinoni. E un momento – per quanto mi riguarda, il migliore – in cui Charlize Theron, che riprende il personaggio della cyberterrorista Cipher, ci regala la sua personale versione di Hannibal Lecter, mentre, da dietro un vetro, prende letteralmente gli uomini per le palle e, in un modo o nell’altro, fa procedere la storia, anche se non si capisce bene come.

Il resto è una soap che, a volte, fa il suo dovere. La storia della famiglia Toretto che fa da cornice al film – e a cui si aggiunge il convincente Vinnie Bennett nei panni del giovane Dom – non è così male; sta lì per offrirci un drammone puro e semplice. Può essere tutto ridotto a due uomini – no: due fratelli – che finalmente riescono a riabbracciarsi? Sì! E tutto questo è ridicolo? Anche, ma è anche per questo che funziona. Ma ci sono pure altre resurrezioni dal passato. Altri drammi, altri segreti. Siamo al nono film, e ormai siamo arrivati al punto di vedere la macchina girare a vuoto su sé stessa. Non mi stancherò mai di: 1) vedere Michelle Rodriguez in un film; 2) vedere Michelle Rodriguez che combatte in un film; 3) vedere Michelle Rodriguez che combatte su una moto in un film. Diciamo solo che F9 avrebbe potuto sfruttare di più la sua presenza, e togliere parecchio del resto.

Da un certo punto di vista, sta diventando una tendenza il dire che l’arte popolare, quella che produce film come questo, è troppo brutta per riuscire ad essere anche solo camp come vorrebbe (per non dire della continua confusione sulla differenza tra camp e kitsch). D’altro canto, però, F9 va così oltre sé stesso che la battuta Fast & Furious 9 – Oltre i confini dello spazio diventa non solo plausibile, ma assolutamente letterale. Quello è territorio totalmente camp, e il film prova in questo senso a prendersi in giro, in quel momento come altrove. Ma abbiamo davvero bisogno di tutto questo? Dopo la visione di F9 ero abbastanza divertito, ma sopratutto diffidente. Ci saranno davvero altri due nuovi film in arrivo? Se già è così esile questo episodio, come saranno i prossimi? Per una saga che, qua e là, sa ancora essere divertente, non è una buon auspicio per il futuro. Ma proprio per niente.

Da Rolling Stone USA

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