‘El Camino’ è fan service in grande stile con un super Aaron Paul | Rolling Stone Italia
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‘El Camino’ è fan service in grande stile con un super Aaron Paul

Sei anni dopo 'Breaking Bad', Vince Gilligan dà a Jesse Pinkman il finale memorabile che meritava

Aaron Paul torna a vestire i panni di Jesse Pinkman in 'El Camino'

Foto: Ben Rothstein/Netflix

***Questa review non contiene spoiler***

Raccontare le avventure di Walter White e Jesse Pinkman richiedeva almeno la stessa dose di improvvisazione che comportavano le avventure stesse dei due criminali. Né gli spacciatori né i loro narratori erano particolarmente bravi a rispettare i piani. Breaking Bad (qui il nostro ripassone) è diventata una delle più grandi serie tv di sempre per il modo in cui sia lo show che i suoi personaggi principali venivano messi all’angolo, e trovavano una via d’uscita – di solito sempre in grande stile.

Ma la deviazione più importante dal progetto iniziale è arrivata quasi subito. Il creatore di Breaking Bad, Vince Gilligan, aveva ipotizzato che Jesse introducesse Walt nel mondo della droga per poi venire ucciso. Invece Aaron Paul si è dimostrato così convincente nel ruolo che Jesse non solo è sopravvissuto, ma dal punto di vista narrativo con il tempo è stato trattato alla pari di Walt. Quando la serie è finita, White giaceva morto sul pavimento di un laboratorio di meth, mentre Pinkman era vivo. Ovviamente non era esattamente in forma dopo mesi di prigionia e torture, ma almeno era libero e aveva la possibilità di andarsene.

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Jesse è sopravvissuto al suo mentore sia nella narrazione di Breaking Bad che nel più vasto universo di Heisenberg che Gilligan e soci hanno costruito negli anni dopo che Walt ha esalato il suo ultimo respiro (vedi la sorprendente serie prequel – anche per gli standard di Gilligan –, Better Call Saul). Il film El Camino, scritto e diretto da Gilligan, chiude il cerchio per Jesse, che non non era riuscito ad avere un finale nello show originale – in cui Walt aveva riaffermato il dominio sulla trama – dimostrando che Paul è più che in grado di caricarsi sulle spalle una storia in cui Jesse è il protagonista assoluto.

Nel riprendere esattamente da dove Breaking Bad aveva lasciato Pinkman – mentre si allontanava dai nazisti sull’auto che dà il titolo al film – e procedendo dolorosamente passo dopo passo attraverso i problemi che deve risolvere per uscire vivo da Albuquerque, Gilligan è tornato a uno dei principi fondamentali dello show. Tra le parti migliori di Breaking Bad c’era il suo micro-focus sulla logistica da incubo dell’impresa criminale, su cui la maggior parte delle storie sorvolano: smaltimento di cadaveri, creazione di territori e reti di distribuzione, anche roba basilare come caricare e usare un revolver. La vita da fuggitivo non è da meno, e i viaggi di Jesse riportano indietro un bel po’ di vecchie facce molto amate, a cominciare dal suo amico Skinny Pete (Charles Baker), in grande spolvero per l’occasione.

Il Jesse che seguiamo in El Camino è un criminale più esperto rispetto a quando si faceva chiamare Cap’n Cook e metteva il peperoncino in polvere nel meth, ma non è nemmeno un genio come Walt. Molte delle parti migliori del film lo vedono incappare in una trappola dopo l’altra, avendo dalla sua parte solo la tenacia come arma utile. (Questo include diverse scene piuttosto divertenti in cui ha una pistola). Lo show aveva messo Paul al centro di molti episodi, quindi non sorprende quanto sia carismatico e tormentato. Ma il film è un bel promemoria del motivo per cui è diventato una star, al di là della gioia con cui ha sempre detto: “Yeah, bitch!”.

Come nella serie originale (e in Saul), l’azione qui è elettrizzante, a volte terribile, altre ancora esilarante e, nei momenti migliori di El Camino, tutte queste cose insieme. (Tra l’altro, il film vi rovinerà una delle più celebri hit radiofoniche di sempre).

Gilligan usa anche la lotta di Jesse per la libertà come qualcosa di correttivo rispetto alla resa dei conti Walt-centrica di Breaking Bad. Paul è praticamente in ogni scena e Gilligan costruisce il film in modo da riempire un sacco di spazi narrativi ed emotivi sulle parti della serie in cui la storia di Jesse veniva di nuovo subordinata a quella di Walt. Se la conclusione di Breaking Bad aveva un difetto – al di là del fatto che qualcuno pensi che avrebbe dovuto finire con White che fuggiva nel furgone del falsario Ed Galbraith in Ozymandias, o continuare con lui che uccideva i nazisti e salvava Jesse in Felina – era che la storyline di Pinkman era rimasta in sospeso. Dopo El Camino non è più così.

E questa è una giustificazione per l’esistenza del film quanto un’esibizione di arte pura, come sempre accade quando si tratta di Gilligan e dei suoi collaboratori. El Camino è nato come corto che Gilligan voleva realizzare per il decimo anniversario della serie. Anche se è diventato un lungometraggio, resta quel dono per i fan che doveva essere sin dall’inizio, più che qualcosa di essenziale per la Breaking Bad experience. Ma, quando Vince Gilligan è al suo meglio e si prende il tempo per sistemare una delle pochissime cose dello show che non era perfetta, diventa un super regalo.

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