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Ed Sheeran è diventato una boy band

Nel disco in cui racconta d’essere padre, l’inglese combina classico cantautorato e pop da stadio. Sembra quasi di sentire i Backstreet Boys. Ma poi, tutto quel sentimentalismo era proprio necessario?
3 / 5

L’evoluzione del pop dipende dai tempi, dalle tecnologie, dalle mode. Una cosa resta immutabile: la canzone e la sua narrazione. Succede che debutti pieni d’ambizione e vigore giovanile lasciano spazio a dischi sulla fama, sul successo, a volte sugli eccessi, a cui segue l’inevitabile maturità. È una fase, quest’ultima, che Ed Sheeran affronta nel primissimo verso di = (si pronuncia “equals”), il suo quarto album se non contiamo le Collaborations. “Sono adulto, sono un papà adesso”, canta su una base che non t’aspetti fatta di chitarre elettriche. Si riferisce al fatto che è sposato e ha una figlia. Aggiunge che gli piace ancora “andare fuori di testa”, ma lo “imbarazzano le cose che ho fatto da ragazzo perché ho una figlia e so che un giorno le dovrà affrontare”.

A parte la costante dell’uso dei simboli matematici come titoli dei suoi album, non c’è niente di scontato in tutto questo. I primi tre dischi di Sheeran erano pieni di storie ubriache da una notte, di manie romantiche, di dichiarazioni d’amore (vedi Only One) che sembravano romanzate. Stiamo parlando di uno che cantava: “Tutti dicono che resteremo per sempre assieme, ma non voglio sistemarmi”. E invece ora che ha 30 anni ed è marito e padre Sheeran si trova dinnanzi alla sfida già affrontata da tutti quanti, da Paul McCartney ad Adele: quando l’arte non è più frutto della sofferenza, è possibile fare musica coinvolgente come quando si era single, carichi come molle e qualche volta pure fuori di testa?

Dal punto di vista musicale, Sheeran dimostra di volerci provare. Perché c’è un’altra regola del pop e dice che quando un artista diventa enorme e si esibisce in posti sempre più grandi, il sound si adegua a questa trasformazione per arrivare anche a quelli del terzo anello (i Coldplay, per dire, ora suonano come se dovessero raggiungere gli abitanti di un’altra galassia). Ora che gli stadi sono diventati la sua seconda casa, un posto dove riesce miracolosamente a entusiasmare decine di migliaia di persone solo con chitarra e loop, in buona parte di = Sheeran fa a meno del folk-pop del primo album, preferendo ritornelli fatti apposta per essere cantati in coro, agitando il cellulare con la lucina accesa.

Per molti sarebbe un cambiamento disastroso e invece l’arte di Sheeran, che è cresciuto coi Beatles ed Elton John in un orecchio ed Eminem e i Backstreet Boys nell’altro, affonda le radici tanto nel mondo delle melodie old school quanto in quello della musica del nuovo millennio tutta basata sui beat. Nei momenti migliori, = riesce a tenere assieme tutte queste cose.

Il disco è la prova definitiva che Sheeran è essenzialmente diventato l’erede formato one-man band della tradizione delle boy band e dei loro ritmi r&b, armonizzazioni vocali, fantasie erotiche. Ascoltate Shivers, 2step e Stop the Rain – che potrebbero benissimo essere lati B dei Backstreet Boys – e immaginerete tanti Ed Sheeran che ballano e cantano all’unisono, come in una boy band. In Overpass Graffiti, invece, racconta una vecchia relazione finita con aria malinconica e ambigua (“Avevamo tutto contro, per quel che vale t’amerò per sempre”), senza però dimenticare di animare l’arrangiamento.

Sheeran il cantastorie, il ragazzo sensibile che tira fuori le sue emozioni dopo un paio di pinte, non è sparito. Presente il cameo nel film Yesterday? È capace di quell’autoironia e le sue canzoni sono ricche di dettagli stravaganti e scene degne di una commedia romantica. Collide ad esempio è un elenco di strani momenti condivisi con una lei (“Siamo andati a funerali con vestiti noleggiati / Abbiamo bevuto il whisky di tuo padre quand’è morta tua nonna”), mentre First Time racconta una proposta di matrimonio degna di un film inglese.

Peccato che le canzoni d’amore tendano a impantanarsi in un sentimentalismo generico e in melodie mielose. “Anche a chilometri di distanza ti ho sempre in mente”, dice il testo di Leave Your Life, uno dei pezzi più generici insieme a Joker & the Queen e Love in Slow Motion (quest’ultima è una delle poche canzoni in stile pop celtico). Nessuno vuole che Sheeran sia triste o disperato, ma nemmeno ascoltare un ritornello ordinario e stucchevole come quello di Love in Slow Motion.

C’è anche meno rap rispetto al passato e così la voce di Sheeran, soprattutto nel registro alto, è meno distintiva del solito. Succede ad esempio in Bad Habits, dove racconta i giorni in cui faceva festa accompagnato da un beat da club, ma finisce per somigliare a uno dei pezzi dei tantissimi cloni che hanno invaso il pop negli ultimi anni (stiamo parlando di voi, Lukas Graham, Alec Benjamin e Sea Shanty Guy).

Il disco si chiude con un’altra svolta inattesa. Be Right Now è un pezzo estatico e ipnotico di EDM co-prodotto dal britannico Fred (che ha lavorato a varie tracce del disco). “Stai qui e goditi il momento”, canta Sheeran che sembra una sorta di Michael Stipe perso nello spazio. È una delle direzioni che potrebbe prendere il cantante in futuro, specialmente in un mondo che diventerà sempre più incasinato e lo costringerà ad arrivare all’inevitabile conclusione che l’amore non basta.

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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