Drake, la recensione di 'Dark Lane Demo Tapes' | Rolling Stone Italia
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Drake non si diverte più, e neanche noi

‘Dark Lane Demo Tapes’ è il disco più cupo e riflessivo della carriera del rapper, un progetto agrodolce e contemplativo dove non c’è piacere che non sia vuoto e fugace

Toosie Slide, l’ultimo singolo #1 di Drake, è la hit più virale della sua carriera e anche la più stanca. Nonostante sia una sorta di guida al ballo per ogni età, non ha niente della spensieratezza di canzoni come Cha-Cha Slide o Baby Shark. Al contrario, incanala lo spirito della ragazza che ha interpretato Obsessed di Mariah Carey con le lacrime agli occhi per una challenge di TikTok o del tipo che piangeva mentre la mamma lo rimproverava perché imitava i balletti di Fortnite. Toosie Slide è disarmante, malinconica e priva di gioia. È come se ci stesse dicendo che i balletti virali possono offrire solo un piacere vuoto e fugace. La canzone incoraggia a riflettere, non a lasciarsi andare.

In un certo senso, il singolo è la perfetta cornice emotiva di gran parte del mixtape Dark Lane Demo Tapes. Il progetto, una raccolta di nuove canzoni, leak e materiale annunciato in diretta Instagram, è spesso agrodolce e molto contemplativo, persino per gli standard di Drake. Sembra che soffra per il successo. Anche mentre usa una penna Cartier per scrivere canzoni-diario sulla sua nuova villa da 100 milioni di dollari, o su come ne abbia stanziati altri 33 per il suo fondo dello strip club, oppure su come vola da un’arena all’altra a bordo del suo Air Drake Jet da 185 milioni, sembra preoccupato dalle relazioni complicate che lo circondano, e dal fatto che queste relazioni gli impediscono di vivere a pieno la vita. Nell’arco di 14 canzoni (il disco più corto della sua carriera) mette in mostra il suo cuore dolente, disseziona le amicizie e racconta amori finiti con l’obiettivo di capire come mai soffra così tanto. “Five hundred weeks, I fill the charts with my pain”, dice in When To Say When, in cui ribalta il sample soul e melodrammatico di Song Cry di Jay-Z. Drake non suonava così giù di morale dai tempi di Take Care.

Il motivo per cui Drake continua a legarsi a star locali e artisti giovani in ascesa è un mistero irrisolto. Vuole mostrare rispetto o cavalcarne l’onda? Sta offrendo la sua gigantesca piattaforma mediatica a Playboi Carti, Fivio Foreign e Sosa Geek o li sta usando? Qualunque sia la risposta, sono i beat più modaioli e le collaborazioni a segnare i momenti più energetici e giocosi del mixtape. In D4L sembra che si stia divertendo davvero: cerca di tenere il passo dei Future e Young Thug di Sup Mate. Nelle atmosfere luminose di Pain 1993, prodotta da Pi’erre Bourne, adotta una cadenza decisamente ispirata a Carti: considerando quanto cupo e pensieroso sia tutto Dark Lane, le acrobazie vocali del pezzo sono una boccata d’aria fresca, una digressione di cui c’era bisogno a quel punto del mixtape.

Nelle ultime due tracce in scaletta Drake incorpora la produzione, il flow e lo slang della drill di Brooklyn e del Regno Unito. Usa addirittura un accento britannico, ma non dimentica la sua natura: un uomo profondamente preoccupato dagli sms e delle strette di mano creative che si scambiano gli amici. In War getta luce sulla difficile relazione con The Weeknd. In Demons, un’imitazione di Big Drip, la prima hit di Fivio Foreign, dice: “Loved her way back when / Drink so I type ‘Je t’aime’ but don’t hit send”. In canzoni come queste, dove Drake si appropria apertamente di stili locali, la ricerca di un nuovo modo di essere una superstar globale sembra maggiormente a fuoco, così come le sue ambizioni e la sua solitudine.

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