'Millennials', la recensione | Rolling Stone Italia
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Come stanno i Millennials dopo l’apocalisse?

Il primo romanzo del collettivo La Buoncostume racconta un mondo nuovo, un futuro in cui i maggiorenni sono inspiegabilmente bloccati, e tutto rimane in mano ai millennials. Come stanno i ragazzi a quattro anni da questo assurdo evento? Una meraviglia

Molte potenze sono tremende ma nessuna lo è più dell’uomo, scriveva Sofocle nell’Antigone. In questi duemila-e-quattrocento-e-rotti anni, poi, non è che ci siamo sbattuti troppo per mettere in discussione questa sua sentenza. La colpa è solamente nostra. Di noi boriosi e lamentosi adulti, troppo impiastricciati dai costrutti della società per, anche solo, provare ad immaginare una reazione anticapitalista. Dov’è finita la rivoluzione? Se, come recita un adagio riproposto da Mark Fisher in Realismo Capitalista, è più facile immagine la fine del mondo che la fine del capitalismo, perché – come tentativo ultimo – non proviamo a levarci dal cazzo e lasciare il mondo a quei pischelli bamboccioni, di cui tanto lamentiamo il loro distacco dagli autentici problemi sociali, per vedere di cosa sono capaci?

Questo è lo spunto dietro Millennials, il primo romanzo de La Buoncostume, collettivo che negli anni ha ideato serie come Età dell’oro e Klondike e scritto episodi di Camera Cafè, The Comedians, Piloti, Il Candidato. Millennials è una fiction speculativa, scritta a otto mani, un romanzo distopico che si affaccia pacato sul New Weird, quel genere letterario che, come descrive il suo principale interprete, Jeff VanderMeer, unisce il bizzarro ad un futuro futurabile, immergendosi in tematiche socio-culturali. Il sottotitolo del romanzo, a ragione, è esplicativo: il mondo nuovo.

Il 3 maggio 2019, tutte le persone che superano i diciassette anni e mezzo (questa frase mi ricorda la celebre orazione presente ne Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen), senza apparente motivo, si bloccano. Come stanno i ragazzi a quattro anni da questo inspiegabile evento? Non malissimo, anzi. Internet è stato sostituito da una rete orizzontale, il Syn, una rete aperta di scambio di informazioni dove la condivisione di nozioni viene retribuita dalla stessa comunità. Nell’era della sopravvivenza, il sapere diventa forma di reddito. Ci spostiamo dal populismo all’universalismo. La rete però non è la rete come la conosciamo oggi, ma come era stata ideata: è la contro-rete descritta da Hakim Bey. È la piattaforma Rousseau senza un’oscura azienda alle spalle e senza quell’enorme problema di cyber-sicurezza.

I ragazzi si riuniscono in comunità autosufficienti, totalmente democratiche, orizzontali, più simili alle TAZ, le zone autonome temporanee, che alla nostra idea di società. Comunità che devono richiudersi in sé, come bolle, visto il proliferare di squadre formate dai badrep (bad reputation), predatori senza scrupoli che, decidendosi di auto-escludersi da queste nuove formazioni sociali, prediligono una vita da banditi in stile Mad Max nel Far West di quello che rimane della nostra Lombardia. Millennials è uno scenario post-apocalittico tra il Bosco Verticale di Milano e la centrale idroelettrica di Trezzo, tra ammassi di incidenti automobilistici e la riconquista vegetale di paesini e città. Senza dimenticare i miliardi di adulti bloccati, abbandonati per le strade o tenuti al riparo dentro magazzini. Siamo nell’antropocene, della sua dimostrazione pratica, in cui l’uomo non è altro che una delle tante specie sul pianeta, unico responsabile per i suoi cambiamenti climatici. Non a caso, il tempo meteorologico all’interno del romanzo è instabile, è una primavera milanese in cui tra pioggia e sole, spunta la neve. La generazione più giovane paga ancora il nostro totale narcisismo.

La narrazione è un testimone che passa di mano tra le soggettività dei vari personaggi in gioco, in un movimento continuo, rapido. Le oltre quattrocento pagine, nella lettura, volano. Millennials è un’affascinante e continua scoperta di questo mondo nuovo in cui le nostre regole e le nostre sicurezze non sono più utili. È un romanzo di formazione, in un ambiente futuribile dove i personaggi sono costretti ad essere adulti di se stessi; anche se, spesso, non avrebbero nemmeno l’età per guidare. Scoprono l’amore nello stesso modo e momento in cui scoprono come coltivare i campi e gestire una centrale idroelettrica. Hanno il dovere di resistere alla tentazione di essere solo dei teenagers, ma con la grande opportunità di scrivere un futuro sostenibile.

Che i ragazzi de La Buoncostume siano sempre sul pezzo è palese a chiunque abbia seguito il loro percorso. Per questo, nella loro opera, ci imbattiamo nei grandi temi intellettuali del momento: antropocene, orizzontalità, rete. E ancora New Weird e fiction speculativa post-apocalittica. Mark Fisher e Hakim Bey. The Hunger Games e The Walking Dead (gli adulti vengono chiamati bloccati, come gli zombi walkers, in italiano tradotto con vaganti).

Millennials ha una trama solida immersa nella contemporaneità. È pop, ma di quel pop in grado di intercettare sensazioni collettive e dar vita ad un racconto ben scritto, ironico, come spesso troviamo fuori dai confini. La nostra fortuna è che – per stavolta – l’apocalisse è accaduta in Lombardia, e non negli Stati Uniti.

Slavoj Zizek, filosofo e sociologo sloveno, scrive che un modo di reagire [al capitalismo] è trovare il coraggio d’immaginare un cambiamento radicale. E cosa meglio di un buon libro, per poter immaginare una via d’uscita.

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