Code Vein è per molti, ma non per tutti | Rolling Stone Italia
Recensioni

Code Vein è per molti, ma non per tutti

Il team di God Eater porta il concetto di “ispirazione” pericolosamente vicino al confine con il plagio, ma nonostante questo non riesce a convincere

Un Souls Like cruento, in cui il sangue è un elemento fondamentale. No, non stiamo parlando di Bloodborne, ma della sua copia carbone.

Il percorso che ha portato Code Vein nei negozi è stato travagliato e irto di ostacoli. Dopo aver ricevuto pesanti critiche da parte di coloro che avevano avuto modo di provarlo, il titolo degli sviluppatori di God Eater è scomparso dai radar per sottoporsi a una cura ricostituente. Il tempo guadagnato grazie al posticipo ha dato i suoi frutti sul fronte tecnico, ma non è solo dei cali di frame rate che Code Vein deve preoccuparsi. Nonostante alcune intuizioni interessanti sul fronte delle meccaniche di gioco, infatti, il GDR d’azione di Bandai Namco presta il fianco a molte critiche strutturali che ne minano la qualità. Il fatto che l’intero progetto faccia pensare al meme dei compiti copiati, inoltre, non aiuta a valutare serenamente l’opera di un team che ha più volte dimostrato di avere idee interessanti. Va bene cavalcare l’onda del successo dei Souls, ma perché rinunciare completamente alla propria visione? Se avete giocato almeno un capitolo della serie Souls di From Software, affrontando Code Vein proverete un profondo senso di déjà vu e un’insoddisfazione costante.

We Suck Young Blood

L’avventura di Code Vein è ambientata in un mondo post-apocalittico in cui i redivivi, una sorta di vampiri capaci di reincarnarsi dopo ogni decesso in cambio di parte dei propri ricordi, vivono in una società costruita su un delicato equilibrio. Per non perdere il controllo e trasformarsi in furie invasate chiamate Perduti, i redivivi devono assumere regolarmente sangue umano ed evitare di respirare la misteriosa foschia che avvolge il mondo. Questa reinterpretazione del mito del vampirismo pesca a piene mani dall’animazione giapponese e racconta una storia fatta di esperimenti falliti e di ricerca dell’umanità. Il giocatore veste i panni di un redivivo unico nel suo genere. A differenza dei suoi simili, infatti, l’eroe tragico di Code Vein nasconde poteri particolari. Il suo sangue può riportare in vita il vischio, che produce le gocce di sangue indispensabili per la società dei redivivi. A differenza dei suoi simili, inoltre, il protagonista è in grado di accogliere dentro di sé più Codici Sanguigni, l’equivalente delle classi dei GDR, scegliendo quale usare in base alla situazione. Quest’abilità strizza l’occhio alla serie di Persona, dove l’eroe di turno è l’unico in grado di imbrigliare e controllare più entità. La gestione dei Codici Sanguigni è un elemento chiave di Code Vein, perché si sostituisce alla creazione delle build dei Souls di From Software. Quando si sale di livello, infatti, nel gioco Bandai Namco la crescita delle caratteristiche viene gestita in automatico. Invece di dare al giocatore la responsabilità di scegliere come evolvere il proprio Alter Ego, gli sviluppatori hanno preferito alleggerire l’esperienza optando per un sistema a classi. Il Codice può essere cambiato in qualsiasi momento, modificando contestualmente le statistiche del personaggio e le abilità a sua disposizione. Se è vero che questo tipo di approccio è ottimo per accogliere i neofiti del genere, è innegabile che rappresenta un limite notevole per i veterani dei Souls, abituati a sperimentare per trovare la build più adatta al proprio stile di gioco. In Code Vein c’è comunque un discreto margine di manovra, ma è legato soprattutto alla scelta dell’equipaggiamento e dei Doni.

Avere sempre un compagno pronto ad attirare l’attenzione del nemico o a sacrificare parte dei propri punti vita per curarci è una gran comodità.

Been Caught Stealing

Cosa sono i Doni? Sono le abilità legate ai Codici, che caratterizzano profondamente l’approccio al gioco e alle battaglie. Ogni classe può contare su abilità attive e passive che ne influenzano il comportamento. I Doni si sbloccano gradualmente investendo la Foschia, la valuta del gioco che si sostituisce alle anime dei Souls o al sangue di Bloodborne. Investendo una quota extra di Foschia sulle abilità ritenute particolarmente utili, inoltre, è possibile renderle universali ed equipaggiabili a prescindere dal Codice Sanguigno selezionato. La foschia si ottiene eliminando i nemici o usando oggetti specifici sparsi nelle ambientazioni, ma si perde ogni volta che si muore sul campo di battaglia, depositandosi in vistose chiazze che possono essere recuperate a patto di non morire di nuovo prima di raggiungerle. Come potete vedere, le similitudini con i Souls sono evidenti fin dalle basi e diventano ancor più palesi osservando le animazioni, l’interfaccia utente e le grafiche che appaiono sullo schermo dopo la morte del protagonista o di eventuali boss. Il ricalco con carta carbone è così spudorato da essere fastidioso. L’opera di plagio dei titoli di Hidetaka Miyazaki è stata portata avanti con cura certosina. Oltre a riproporre le stesse identiche meccaniche dei Souls, infatti, gli sviluppatori di God Eater hanno copiato anche i labirinti di sangue di Bloodborne (senza i vantaggi della generazione procedurale), il comportamento dei nemici, il sistema dei falò e le collisioni improbabili.

I nemici possono essere attirati uno alla volta con singoli attacchi dalla distanza, o lanciandogli degli oggetti. Vi ricorda qualcosa?

It’s Getting Better (Man!!)

È davvero un peccato che gli sviluppatori non abbiano avuto il coraggio di puntare di più sulla propria visione. Nelle poche occasioni in cui hanno cercato di allontanarsi dal modello creato da From Software, infatti, hanno avuto alcune intuizioni degne di nota. Nell’hub centrale in cui ci si può rilassare tra una missione e l’altra, per esempio, è possibile interagire con gli altri membri del gruppo, parlando con loro o regalando gli oggetti preziosi raccolti nel corso dell’avventura. Ogni personaggio ha gusti ben precisi, quindi è importante imparare a conoscere i propri alleati. Regalando gli oggetti, infatti, si accumulano punti utili per sbloccare ricompense associate alle rispettive classi dei personaggi. Più i regali vengono apprezzati, più punti si ottengono e più il rapporto di amicizia si evolve. Portando dei cristalli particolari a un personaggio specifico, inoltre, è possibile assistere ai ricordi perduti dei membri del team, approfondendo la lore e unendo i pezzi di un puzzle scontato ma intrigante. Un’altra idea simpatica è quella delle terme, dove è possibile rilassarsi rievocando le avventure vissute fino a quel momento e, soprattutto, recuperare metà della Foschia persa dopo la morte. Si tratta di un’aggiunta interessante che permette a chi non è sicuro di poter raggiungere indenne il luogo del decesso, di recuperare comunque parte del bottino. Un altro elemento nuovo e interessante è la gestione dell’Icore, l’equivalente del classico mana. L’Icore è necessario per sfruttare i Doni attivi e può essere recuperato sacrificando appositi oggetti, oppure affrontando i nemici a distanza ravvicinata. Sia gli attacchi normali che i classici colpi alle spalle, infatti, permettono di ripristinare l’apposito indicatore. Quest’intelligente scelta di design spinge anche i giocatori che prediligono gli scontri a distanza a doversi sporcare di tanto in tanto le mani nelle battaglie corpo a corpo, scegliendo con cura gli avversari da sfidare. È meno riuscita, invece, l’idea di far affrontare l’avventura insieme a un compagno controllato dall’IA. Esplorare le ambientazioni affiancati da un altro personaggio toglie all’esperienza l’atmosfera gravosa garantita dalla solitudine e rende il viaggio fin troppo “leggero”. Alcuni dei personaggi che accompagnano il protagonista, inoltre, sono così forti da rendere gli scontri con i boss e con gli altri nemici fin troppo semplici. Le battaglie in coppia hanno molto più senso nella modalità multigiocatore, che permette di accettare l’aiuto di altri utenti, o di andare in soccorso di altri avventurieri in difficoltà. Durante le sessioni cooperative il livello dei due personaggi viene equiparato, prendendo come riferimento quello dell’host della partita. In questo modo i programmatori hanno cercato di bilanciare l’esperienza e considerando che il gioco è già molto accessibile, la scelta di non ospitare personaggi troppo forti ha perfettamente senso.

Sostando presso una pianta di vischio si accede ai viaggi rapidi, si recuperano le cure e si può aumentare il livello del personaggio. Dopo ogni sosta, però, i nemici sconfitti tornano in vita.

Ride my seesaw

Tecnicamente parlando il gioco si distingue per una realizzazione altalenante. Il rinvio dell’uscita ha permesso agli sviluppatori di ottimizzare l’esperienza per ridurre i cali di frame rate (comunque presenti, anche su PlayStation Pro), ma le note stonate sono ancora troppe. Preparatevi a morire colpiti da attacchi che attraversano impunemente muri e ripari, o a soffrire le pene dell’inferno a causa di un sistema di puntamento confusionario e di una gestione delle telecamere da mal di testa. La direzione artistica, dal canto suo, è piacevole ma discontinua. Il sonoro è caratterizzato da un doppiaggio di livello e da musiche capaci di sottolineare a dovere i frequenti cambi di ritmo e di atmosfera. Il design di livelli e nemici (boss compresi) è banale e ripetitivo, mentre quello dei personaggi riesce a garantire una notevole varietà. Sottolineiamo l’ottimo editor per la creazione del personaggio principale, ricco di opzioni e capace di concretizzare le fantasie degli appassionati di animazione giapponese.

L’editor per la creazione del personaggio permette di modificare un gran numero di dettagli. Siete pronti a dare sfogo alla vostra creatività?

Final Tought

Code Vein è un esponente del sottogenere dei Souls Like pensato per accogliere la vasta fetta di pubblico che non apprezza i titoli troppo difficili. La presenza costante di un compagno rende l’esplorazione molto più semplice rispetto alle alternative sul mercato e lo sviluppo automatico del personaggio permette di godersi l’esperienza senza troppe responsabilità. L’estetica ispirata agli anime giapponesi è un ulteriore punto di contatto con questo tipo di pubblico. Se vi sentite parte della categoria appena descritta, apprezzerete Code Vein nonostante i numerosi difetti che lo caratterizzano. Se al contrario siete alla ricerca di una sfida più impegnativa, il mondo dei Souls Like è pieno di alternative più interessanti del titolo Bandai Namco.

Produttore: Bandai Namco

Distributore: Bandai Namco

Lo puoi giocare su: PlayStation 4, Xbox One, PC

Il modo in cui viene raccontata la storia prende le distanze dall’ermetismo di Dark Souls e si affida a lunghe sequenze narrative che strizzano l’occhio agli anime.