‘Butterfly’: Max, che voleva essere Maxine | Rolling Stone Italia
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‘Butterfly’: Max, che voleva essere Maxine

È il primo prodotto mainstream su un bambino transgender e apre potentemente una strada imbattuta e più che mai necessaria.

Max ha 11 anni e non sta bene nella sua pelle, vuole essere Maxine. Nella prima scena di Butterfly si strucca, si toglie gli orecchini, si leva lo smalto dalle unghie e le spille con le farfalle dai capelli. Perché il padre Stephen, che non è mai riuscito a farsene una ragione e se n’è andato di casa, sta andando a prendere lei e la sorella per passare il week end insieme. Sullo sfondo della cameretta c’è una tavolozza audace di colori e in sottofondo la colonna sonora al synth dei compositori di Stranger Things.

Fino ad allora le regole, fissate con la madre Vicky e la sorella Lily, erano sempre state chiare: “A casa fai le cose da femmina, ma fuori non puoi”. Piano piano quelle regole non avranno più senso di esistere, perché Maxine ha deciso una volta per tutti chi vuole essere. E la prima ad accorgersene è proprio la madre, interpretata dalla bravissima Anna Friel. La famiglia è messa a durissima prova nell’affrontare la disforia di genere: il padre continua a chiedersi perché non riesce a far smettere quei comportamenti che la nonna definisce “strani”, il nonno sentenzia “ammetti che sei gay e basta”, una categoria per lui più socialmente accettabile e più semplice cui far fronte, Lily è il suo scudo contro il mondo. E Millie Gibson riesce a renderla saggia e divertente, la sorella maggiore che tutti vorrebbero avere. Uno dei momenti più commoventi vede la ragazzina dire ai bulli che non considera Max (un impressionante Callum Booth-Ford) suo fratello, per poi confessare che ha sempre pensato a lei come a una sorella.

Se l’obiettivo di un drama è occuparsi di quello che ci succede intorno, Butterfly lo fa con rigore inglese e massima sensibilità: è il primo prodotto mainstream su un bambino transgender. Il creatore Tony Marchant avrebbe potuto essere prudente e invece ha optato per l’esuberanza e l’arguzia nella scrittura, senza mai dimenticare l’umanità, dando vita ad una sceneggiatura semplice, che permette alle emozioni di fluire. Perché in fondo questa è la storia di una famiglia imperfetta come tutte, dove si ride, si litiga e si soffre. Una famiglia che intraprenderà un percorso delicatissimo e complesso, chi da subito al fianco di Maxine e chi senza comprenderla forse mai sino in fondo.

Nonostante le ricerche e i colloqui con le associazioni e l’estremo realismo, le polemiche non mancheranno. Ma almeno su un aspetto è impossibile discutere: Butterfly contestualizza e semplifica in un modo che il “dibattito” e l’indagine astratti non sono mai riusciti a fare. E apre potentemente una strada imbattuta e più che mai necessaria.