Borderlands 3 è il sequel di cui i fan avevano bisogno | Rolling Stone Italia
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Borderlands 3 è il sequel di cui i fan avevano bisogno

Il terzo capitolo di Borderlands si concentra più sull'aggiustare i difetti storici della saga che sul proporre vere e proprie novità, ma è ancora un bel giocare

Borderlands 3 crea dipendenza ma non propone le novità che ci saremmo aspettati in un sequel atteso per 7 anni.

Vi è mai capitato di tornare in uno dei vostri ristoranti preferiti dopo mesi che non lo frequentavate? Nel frattempo il proprietario ha rinnovato il locale, ridipinto le pareti, appeso quadri di design, messo un bell’impianto audio che diffonde una piacevole musica. Vi sentite coccolati, come a casa. Vi accomodate a tavola, iniziate a sorseggiare un buon rosso e i piatti iniziano ad arrivare. Sono proprio quelli che ricordavate e questo da una parte vi rassicura. Dal profondo però sentite sorgere un pizzico di delusione. Ok, il servizio in porcellana è nuovo e i bicchieri di cristallo scintillano. Il cibo è impiattato come in un cinque stelle Michelin ma vi aspettavate qualcosa in più. In fondo se aveste voluto gli stessi, identici sapori sarebbe bastato il ristorante di prima… anche perché stavolta il conto è anche un po’ più salato.

Something strange

Dall’annuncio di Borderlands 3 alla sua uscita è passato davvero poco tempo rispetto alla media di attesa a cui siamo abituati, basti pensare al remake di Final Fantasy VII e Shenmue 3. Tutti felici, tutti contenti. Avevamo ancora nelle pupille i fuochi d’artificio del secondo capitolo e questo prometteva di essere molto, molto, molto più “badass”. Poi un paio di settimane fa è accaduto qualcosa. I codici review del gioco non arrivavano e il publisher sosteneva che sarebbero stati inviati solo a ridosso dell’uscita, che non è mai una buona notizia. Le prime recensioni, uscite in tempi un po’ precoci, erano un florilegio di 9, quindi abbiamo preferito aspettare un po’, tirando le proverbiali ore piccole per capire se davvero questo Borderlands 3 è il mostruoso loot-shooter che tanto aspettavamo.

All’interno dell’astronave Sanctuary III potrete intraprendere varie attività e anche modificare alcune opzioni di gioco.

Bentornati cacciatori

Come da tradizione il gioco ci mette a disposizione una manciata di Cacciatori della Cripta, ognuno contraddistinto da abilità che in teoria si dovrebbero adattare ai diversi stili di gioco. Ciò che abbiamo notato però è che stavolta il cast è fin troppo omogeneo. La sirena Amara evoca delle braccia celestiali con cui si diverte a schiacciare i nemici, FL4K può contare sull’aiuto delle sue bestie, Zane ha un fido drone che punta automaticamente i bersagli e Moze può usare un massiccio mech da battaglia. Praticamente tre Tank e mezzo, se vogliamo usare una terminologia da gioco di ruolo. Le differenze tra questi quattro personaggi sono inizialmente poco marcate e bisogna attendere lo sviluppo dei rami di specialità di ognuno per apprezzarne al meglio le peculiari caratteristiche. Ciò che apprezzerete subito invece è l’ottimo lavoro fatto sul sistema di shooting. Le armi continuano a non avere un peso come in altri sparatutto, ma rispetto ai Borderlands del passato sono ben più evidenti e differenziati gli effetti dei colpi sui nemici. Un critico piazzato in piena fronte può eliminare uno Psycho con un solo colpo mentre una rosa di pallini uscita da uno shotgun Vladof è in grado di sbalzare via anche i nemici più pesanti, dandovi la possibilità di finirli con un cazzottone sulla schiena. Sono state aggiunte anche nuove modalità di fuoco secondario non più passive ma selezionabili, che rendono particolarmente sfizioso l’uso di alcune armi. Quando troverete una nuova pistola o shotgun (o qualsiasi altra cosa che emetta fuoco e spari piombo) fate sempre caso alle sue caratteristiche perché a fronte di una potenza di fuoco inferiore potrebbe regalarvi soddisfazioni del tutto inaspettate. In questo Borderlands 3 è assolutamente inarrivabile per qualsiasi altro FPS. Non a caso stiamo parlando di un looter-shooter, passerete ore solo per scegliere l’equipaggiamento migliore o per cercare una delle moltissime armi leggendarie nascoste in giro.

Sono migliaia le possibilità di personalizzazione. Questa testa sembra voler prendere in giro una famosa serie Capcom.

Un buon lavoro di tuning

Per il terzo capitolo, Gearbox sembra essersi concentrata principalmente sull’aggiustare i dettagli che non andavano nei titoli precedenti. Chi ha giocato Borderlands 2 non può non ricordare quanto fosse difficile raggiungere la sommità di una torre o di una qualsiasi installazione non provvista di scale. Stavolta invece è possibile aggrapparsi alle sporgenze dando vita alla rivoluzionaria animazione del protagonista che si issa sul livello superiore. Siamo ironici ovviamente, non c’è nulla di rivoluzionario ma è comunque una “novità” che rende l’esplorazione verticale più veloce. Molto più immediato è anche il confronto tra i pezzi di equipaggiamento che troverete in giro. Data la mole di loot disponibile in questo gioco era essenziale rendere ancora più semplice questo aspetto e Gearbox lo ha fatto nel modo più semplice: assegnando un punteggio ad ogni arma, scudo, granata e mod che vedrete. Non avete voglia di confrontare le singole statistiche? Affidatevi a quel numeretto in alto a sinistra e nel 99% dei casi farete la scelta giusta.

Questi ed altri piccoli interventi rendono l’esperienza Borderlands 3 molto veloce e comoda, ma si sarebbe potuto fare molto di più. Pur sembrando più ampio rispetto ai precedenti capitoli grazie al vecchio trucco dei pianeti multipli, la densità di ogni “livello” è inferiore a quella provata nel secondo episodio. Alcune missioni sono dilatate fino all’estremo e costringono il giocatore a lunghissime corse (a piedi o a bordo di uno dei mezzi a disposizione) lungo gli scenari. Il backtraking era presente anche in Borderlands 2, ma qui tocca livelli mai raggiunti prima. In generale tutto sembra meno incisivo, a partire dal mission design che spesso vi costringerà a percorrere chilometri in lungo e in largo per portare a termine quelle che alla fine altro non sono che semplici fetch quest.

Avremmo gradito anche una revisione più incisiva dei menù, che a parte qualche aggiustamento estetico rimangono quelli un po’ confusionari visti in passato. A differenza dell’interfaccia utente, migliorata con piccoli accorgimenti come la scorciatoia per passare da una missione all’altra con la croce direzionale, l’insieme delle schermate di pausa è fin troppo opulento e a volte si fa fatica a trovare l’elemento che cerchiamo.

I pianeti che visiterete sono ampi, ma la densità di attività disponibili in ogni area è ridotta rispetto a Borderlands 2.

Solo per pochi eletti?

Si è fatto un gran parlare in questi ultimi giorni dell’ottimizzazione di Borderlands 3. In particolare è stata la versione PC a finire sotto il fuoco incrociato. I giocatori hanno accusato Gearbox di non essersi impegnata più di tanto per rendere il titolo giocabile anche su hardware non particolarmente performanti. Su console la situazione invece è addirittura paradossale. Per quanto riguarda la famiglia PlayStation, il gioco attualmente gira meglio su PS4 liscia che su Pro, nonostante la possibilità di scegliere se privilegiare risoluzione o frame rate. Non ci pronunciamo in merito ad Xbox perché non abbiamo modo di provare le due versioni. Noi abbiamo testato Borderlands 3 su una PlayStation 4 standard e siamo rimasti piacevolmente sorpresi nel riscontrare pochissimi problemi. Quello più fastidioso, ma assolutamente trascurabile in termini di fruizione, riguarda il ritardo nel caricamento delle texture, che nel passaggio da una zona all’altra o da interno ad esterno (e viceversa) impiegano anche 15/20 secondi per tornare al loro giusto posto. I rallentamenti non sono mancati, ma sinceramente quasi mai hanno dato così fastidio da farci desiderare un hardware più potente. Control in questo senso è stato molto peggiore.

La trama di questo terzo capitolo è molto più debole e i nuovi personaggi non sono paragonabili alle vecchie glorie.

Giunti alla fine…

Borderlands 3 è figlio di Youtube, Instagram e degli Avengers. Ci si diverte e si spara dannatamente tanto con generoso dispendio di effetti speciali. Parole, parolacce e doppi sensi si sprecano e di esplosioni non ne parliamo neanche, roba da far venire un ictus a Michael Bay.

La spontaneità che aveva reso grande il secondo capitolo però è (forse) persa per sempre. Jack il Bello era un cattivone a cui ci eravamo affezionati, un villain di tutt’altra pasta rispetto a questi gemellini superdotati che si fanno i selfie e mandano le loro esecuzioni in diretta sulla rete. La storia principale non è neanche malaccio ma manca la proverbiale “ciccia intorno all’osso”. Mancano i guizzi creativi “alla Stallone da Culo”, Mr. Torque è ormai una faccia da scatola di, la versione cresciuta di Tiny Tina non regge il confronto con la peste esplosiva che ricordavamo e i nuovi arrivati faticano a sostituire degnamente Salvador, Mordecai e gli altri protagonisti storici del franchise. A questo aggiungete anche attività endgame non particolarmente originali, che diventeranno disponibili dopo aver completato la campagna principale. Se in Borderlands 2 era possibile ingaggiare furiose battaglie con mostri sovradimensionati e fortissimi in cambio di loot altrettanto “pesante”, in questo sequel avrete a disposizione due opzioni molto meno interessanti: Circle of Dlaughter (una versione espansa della modalità Orda vista nel secondo capitolo, commentata da Mr. Torgue) e Terreni di Prova (30 minuti per completare gli obiettivi e sconfiggere il boss finale). Entrambe queste modalità possono essere affrontate anche in coop, così come l’intera campagna. Il consiglio che vi diamo è di livellare un po’ il vostro personaggio “main” e poi gettarvi in rete con qualche amico o dei perfetti sconosciuti per scatenare insieme il caos totale. In questo modo, come sempre, il tasso di divertimento crescerà a dismisura.

Il risultato finale? Tornando al discorso fatto all’inizio, Borderlands 3 è un piatto corroborante, ben realizzato e crea dipendenza, ma non ci ha soddisfatti come avremmo sperato. Quando si spara il divertimento è assicurato ma se ci si sofferma a pensare a ciò che si sta facendo le lacune iniziano ad affiorare, sia in termini di varietà delle missioni che si level design. Mai come in questo caso le dimensioni non contano. Non basta aumentare il numero di pianeti visitabili se poi non li si farcisce con un numero adeguato di missioni e con sufficienti varianti di gameplay. Dopo ben sette anni Gearbox ha preferito giocare sul sicuro, realizzando il sequel di cui i fan avevano bisogno ma non quello che tutti noi meritavamo. Ci auguriamo che il supporto post-lancio sia all’altezza di quello del capitolo precedente, che ci ha regalato espansioni a volte addirittura superiori al gioco base.

Produttore: Gearbox Software

Distributore: 2K Games

Lo puoi giocare su: PS4, Xbox One, PC