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Billie Eilish non è il futuro del pop

'When We All Fall Asleep, Where Do We Go?', l'atteso esordio dell'artista 17enne, è un disco ipnotico, impossibile da definire. Ma incanta e fa sognare

Avete presente l’hello-hello-hello-how-low di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana? Bene, l’I wanna-I wanna-I wanna-end-me che canta Billie Eilish in Bury a Friend – e tutto il resto di questo suo primo album, When We All Fall Asleep, Where Do We Go? – ha più o meno lo stesso effetto: ipnotizza chi ascolta.

Billie Eilish non è il futuro del pop come molti hanno detto e forse continueranno a dire perché la sua forza, la sua amabile e sinistra irruenza, sta tutta in questo presente, nel qui e ora di una vita da teenager: inquietudine, malessere più o meno esasperato, genuina sfacciataggine, cinico umorismo. Sentimenti e atteggiamenti destinati spesso a svanire con il passare degli anni, ma pur sempre materiale esplosivo: Billie Eilish è in grado di maneggiarlo con lo spericolato tatto del piccolo chimico, regalando al mondo un pirotecnico BOOM!

È stato Dave Grohl a fare un paragone tra lei e i Nirvana, ritrovandosi costretto a spiegare quanto detto: a Billie Eilish sta succedendo quel che è successo ai Nirvana negli anni Novanta, Billie Eilish è il futuro del rock&roll.

No, Billie Eilish non è nemmeno il futuro del rock&roll, ma profuma come pochissimi altri in questo momento dello stesso teen spirit che cantava Kurt Cobain. E non c’era certo bisogno delle delucidazioni del povero padre di famiglia Dave Grohl – le figlie sono fan sfegatate di Billie Eilish – sulle differenze di forma e stile tra i Nirvana e lei, nata nel 2001. Perché i Nirvana erano un gruppo rock tradizionale, autori di canzoni eccezionali ma musicalmente prevedibili, mentre Billie Eilish, per stessa ammissione di Grohl e chiudiamo la parentesi Nirvana, non è inquadrabile in alcun genere.

Dubstep, jazz, cantautorato, rap: tutto tranne che rock.

In When We All Fall Asleep, Where Do We Go? ci sono pezzi electro-saltellanti come Bad Guy – cassa dritta in apertura, o All The Good Girls Go to Hell dall’atmosfera gangsta-West Coast e un verso da standing ovation, la citazione di Dio al femminile nel testo: “God herself has enemies, and once the water starts to rise and Heaven’s out of sight, she’ll want the devil on her team”. E momenti sospesi tra cielo e terra, come When the Party’s Over o Xanny. E, no, Billie Eilish non è fan dello Xanax come tanti altri suoi coetanei.

Con la sua voce dolcissima, si prende la libertà di cantare “don’t say that I’m not your type, just say that I’m not your prefferred sexual orientation” e noi non possiamo fare altro che unirci all’applauso finale di Wish You Were Gay, ricordando tutte le delusioni d’amore adolescenziali e conseguenti pianti e scorrette imprecazioni nei bagni della scuola.

Insieme al fratellone produttore/co-autore Finneas O’Connell (qualcuno si ricorda di lui in Glee?), Billie Eilish scrive la colonna sonora perfetta per la sofferenza day by day degli adolescenti di questi giorni e, certo, per serie tv come Tredici.

Una dopo l’altra, si susseguono l’oscurità trappaggiante del singolone You Should See Me In A Crown e il reggae minimale voce e ukulele dell’ottava canzone del disco, chiamata semplicemente 8. E poi l’intimista I Love You nata strimpellando la chitarra sul letto in cameretta, la cantilena neo-goth Bury a Friend e la struggente Listen Before I Go: un salto nel vuoto e arriva l’ambulanza.

Non abbiamo la più pallida idea di dove finiamo quando ci addormentiamo, ma le canzoni di Billie Eilish ci accompagnano, intorpiditi più che sognanti, in uno stato di dormiveglia liberatorio. Incantati da questo disco.

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