'Big Mouth', la recensione della seconda stagione | Rolling Stone Italia
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Big Mouth è la miglior serie sulla pubertà in circolazione, nazi-dildo compresi

La serie animata di Netflix esplora gli orrori della pre-adolescenza con uno stile sovversivo ed esilarante che strappa anche qualche lacrima.

«Sono sempre arrapato, e faccio scelte orribili», dice Andrew (John Mulaney), ma la sua è una lamentela che potrebbe arrivare da uno qualsiasi degli studentelli confusi ed eccitati di Big Mouth, la serie di Netflix tornata di recente con una splendida seconda stagione (di cui ho visto tutti e dieci gli episodi).

Lo show è incredibilmente sconcio, anche per gli standard post-South Park dell’animazione per adulti. Quello che ha reso la prima stagione grandiosa, e lo stesso vale per la seconda, è la capacità di Big Mouth di riconoscere l’importanza della seconda parte della confessione di Andrew. Insieme a Nick, Jessi, Missy, Jay e i loro amici compone un gruppo di ragazzi impotenti di fronte ai loro desideri esagerati e travolgenti. Per questi ragazzini tutto è sessualizzabile: un cuscino, un calzino, il fischietto del prof di educazione fisica, anche la bambola che avevano da piccolissimi. Tutto è volgare e tutto è mortificante, e i consigli che ricevono – dai loro mostri personali, dal fantasma di Due Ellington o dai molti adulti che sono nelle loro vite – rendono tutto ancora più confuso.

(A un certo punto Ellington canta a Nick: “Listen to the ladies / and you’ll be rolling around in a big field of titties / But don’t trust the titties / The nipples are tiny cameras!”, un consiglio utile non credete?)

La serie è un trionfo di battutacce, canzoni-parodie e sequenze animate che mostrano un’immaginazione spaventosa, e contemporaneamente la capacità di non lasciare nulla la caso. (C’è una gag con un personaggio e la sua collezione di dildo nazisti, e se il “principio della pistola di Cechov” è vero state sicuri che “spareranno” prima della fine della stagione). Tuttavia Big Mouth è definito tanto dalle sue immagini bizzarre quanto dall’empatia per questi adolescenti con corpi che crescono molto più in fretta delle loro menti. Si sentono tutti sconvolti, frustrati e soli, e nella seconda stagione la loro insicurezza è incarnata dal Mago della Vergogna, un ghoul incappucciato capace di colpire i protagonisti dove fa più male.

Il cast di doppiatori trabocca di performance brillanti e indelebili, e vi sarà difficile guardare questi attori senza immaginarveli minacciati da simpatici peni pelosetti. Maya Rudolph è primae inter pares nel ruolo del mostro di Jessi, e la sua performance racconta a perfezione il modo in cui la pubertà è diversa sulle ragazze. Mentre il mostro di Andrew è sempre alla ricerca di orgasmi, da raggiungere ovunque e in qualunque modo, quello di Jessi è vittima della sua insicurezza tanto quanto del desiderio. È una stagione difficile per Jessi: il matrimonio dei suoi genitori scricchiola, e la ragazza sembra sempre sul punto di scoppiare a piangere o gridare di rabbia.

Big Mouth è uno show pieno di personaggi idioti – capeggiati da Kroll e dal suo Coach Steve -, ma è geniale su tanti argomenti diversi. Nel quinto episodio i ragazzi spiegano Planned Parenthood a Coach Steve, che chiede: “Non avete un piccolo sketch che possiamo guardare? Qualcosa di informativo e divertente, ma che non sia una predica?”. “Questo è un confine sottile e facile da attraversare”, ammette Nick, ma l’episodio riesce comunque ad accontentare la richiesta del Coach.

È strano e incantevole rendersi conto che Netflix ha più di uno show con strambi teenager come protagonisti. American Vandal è un mockumentary su organi sessuali e cacca, e racconta alla perfezione la vita nei licei americani. Big Mouth è un cartone surreale, una farsa con personaggi come “Thomas the Tank Engine”, un treno che sta per perdere la verginità, ma non ci sono tante serie capaci di raccontare la pubertà con la stessa forza. Mentre Andrew e i suoi amici continuano a fare scelte orribili, la serie che li racconta ne fa di splendide.

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