Bat For Lashes – The Bride | Rolling Stone Italia
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Bat For Lashes – The Bride

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Una giovane sposa è pronta per pronunciare il “fatidico sì”, ma il suo amato Joe muore in un incidente d’auto appena prima della cerimonia. È la premessa di The Bride, ambizioso quarto album dell’inglese Natasha Khan, a.k.a. Bat for Lashes, sacerdotessa di un suo particolare genere dream-goth-synth-pop che ha più tratti in comune con Kate Bush che con contemporanei come Beach House, Chvurches, London Grammar ecc. The Bride è un concept album d’altri tempi, un intenso rituale officiato per noi da Khan, qui al top delle sue capacità compositive e teatrali. La vedova protagonista di questo esteso arco narrativo decide di partire ugualmente per il solitario viaggio di nozze on the road, attraverso un paesaggio desertico che ricorda quello di Cuore selvaggio di David Lynch (Honeymooning Alone); lungo la strada c’è addirittura spazio per un improbabile incontro sessuale del terzo tipo (Close Encounters). Al dolore segue la riflessione, una ritrovata serenità, addirittura la speranza (If I Knew e I Will Love Again). Fatta eccezione per Sunday Love, la cui base dark in stile Suicide è ciò che più si avvicina a Daniel – singolone ballabile di qualche anno fa, che aveva per un momento fornito a Bat for Lashes un appeal quasi commerciale – il tono di The Bride è decisamente sommesso. È in fondo un disco di canzoni d’amor disperato, che ricorda per toni e immaginario il cosiddetto Hollywood Sadcore di Lana Del Rey. Questa cruda e coraggiosa meditazione sul significato di essere donna della 36enne Khan – single e felice, ma che ammette candidamente di guardare alle vite di coppia altrui con un misto di orrore e ammirazione – renderà estatici i suoi fan; mentre forse la pazienza necessaria per entrare in sintonia con questa voce narrante difficilmente attirerà nuovi seguaci. Ma in tempi d’imprese molto poco passionali, la veracità dei sentimenti di questa donna forte e insieme vulnerabile è da premiare.

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Una giovane sposa è pronta per pronunciare il “fatidico sì”, ma il suo amato Joe muore in un incidente d’auto appena prima della cerimonia. È la premessa di The Bride, ambizioso quarto album dell’inglese Natasha Khan, a.k.a. Bat for Lashes, sacerdotessa di un suo particolare genere dream-goth-synth-pop che ha più tratti in comune con Kate Bush che con contemporanei come Beach House, Chvurches, London Grammar ecc. The Bride è un concept album d’altri tempi, un intenso rituale officiato per noi da Khan, qui al top delle sue capacità compositive e teatrali. La vedova protagonista di questo esteso arco narrativo decide di partire ugualmente per il solitario viaggio di nozze on the road, attraverso un paesaggio desertico che ricorda quello di Cuore selvaggio di David Lynch (Honeymooning Alone); lungo la strada c’è addirittura spazio per un improbabile incontro sessuale del terzo tipo (Close Encounters). Al dolore segue la riflessione, una ritrovata serenità, addirittura la speranza (If I Knew e I Will Love Again). Fatta eccezione per Sunday Love, la cui base dark in stile Suicide è ciò che più si avvicina a Daniel – singolone ballabile di qualche anno fa, che aveva per un momento fornito a Bat for Lashes un appeal quasi commerciale – il tono di The Bride è decisamente sommesso. È in fondo un disco di canzoni d’amor disperato, che ricorda per toni e immaginario il cosiddetto Hollywood Sadcore di Lana Del Rey. Questa cruda e coraggiosa meditazione sul significato di essere donna della 36enne Khan – single e felice, ma che ammette candidamente di guardare alle vite di coppia altrui con un misto di orrore e ammirazione – renderà estatici i suoi fan; mentre forse la pazienza necessaria per entrare in sintonia con questa voce narrante difficilmente attirerà nuovi seguaci. Ma in tempi d’imprese molto poco passionali, la veracità dei sentimenti di questa donna forte e insieme vulnerabile è da premiare.

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