‘Annette’, il musical che a ballare non ci pensa nemmeno | Rolling Stone Italia
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‘Annette’, il musical che a ballare non ci pensa nemmeno

Il ritorno glam-rock di Leos Carax (in apertura a Cannes) con le musiche degli Sparks è un film sulla messa in scena, e del genere ci nega un po' anche la gioia. Ma c'è un grande Adam Driver, che oscura Marion Cotillard

Adam Driver e Marion Cotillard in 'Annette' Di Leos Carax

Glam come l’abito rosa fucsia di Spike Lee, monsieur le Président, rock come la carriera di Jodie Foster, Palma d’honneur, che qui hanno visto bimba o poco più in Taxi Driver: al motto di canta che ti passa (la paura?), Cannes torna al centro dell’inquadratura aprendo le danze con un musical che a ballare (oibò) non ci pensa nemmeno. Affidando così il taglio del nastro a un tipo fuori dal comune: che di solito sono quelli che hanno qualcosa da dire. Leos Carax, l’uomo del Pont Neuf, torna a nove anni dal cult Holy Motors per cantarle a tutti, Festival compreso: che gli stende sì il tappeto rosso, ma lo accoglie poi a luci accese (specie nella proiezione della stampa) con una certa malcelata freddezza. 

Sì perché Annette, che ha virtuosismi niente male, è però un po’ troppe cose: aspira e guarda all’opera lirica, al fervore drammatico del suo recitar cantando, si traveste da favola black, tra ripetuti morsi di mela, naufragi e citazioni colte, cerca infine la quadra riscrivendo le regole del musical moderno, scomodando addirittura gli Sparks – autori delle musiche –, stravaganti e assai teatrali padri del glam rock. 

Dopo un bell’inizio ironico e subito “dentro”, dove si chiede al pubblico di trattenere il respiro (ce la fate per 140 minuti?), Annette svuota di significanti il libretto privilegiando gli estetismi ai contenuti nel raccontare la prima esaltante, poi infelice e infine tragica love story tra uno stand-up comedian e un soprano, lui anima off (Broadway) lei angelo destinato a cadere. La nascita di una figlia destabilizza la coppia d’artisti: e, nella maledizione del successo, Carax trova spazio anche per MeToo e castigo (dopo il delitto, of course).

Ma quello che davvero gli interessa è il grande gioco della rappresentazione, il palcoscenico infinito che dal teatro si allunga sulla vita. Perché Annette più di tutto è questo: un film sulla messa in scena. Delle emozioni, dei sentimenti, del proprio io. Tutto è esibito, tutti hanno bisogno di un pubblico: nulla, almeno questa volta, potrà restare dietro le quinte.
Non c’è dubbio che quello di Carax sia un film molto sicuro di sé: non particolarmente umile, certamente, ma capace, specie quando indugia sulla sfera favolistica, di intuizioni notevoli. Come quella della bimba-bambola che dà il nome al film, nata con le fattezze della marionetta, simbolo tra i simboli, e poi destinata a diventare (come un Pinocchio finalmente fuori dalle fauci della balena) bambina vera, di carne, ossa e rancore. 

Eppure, qualcosa manca: il romanticismo magico e cinefilo di La La Land, ad esempio, un trattamento più sottile, una capacità di fare saltare gli schemi liberatoria e non solo narcisista. Vero, c’è Adam Driver ed è già moltissimo, formidabile performer a 360 gradi che riesce a oscurare anche la dolcissima Cotillard: ma il film paga non poche lungaggini, stupisce, al massimo, più che emozionare. Negandoci del musical anche la gioia: preferendo guardare l’abisso e da quello essere guardato.

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