A Plague Tale: Innocence – Recensione | Rolling Stone Italia
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A Plague Tale: Innocence – Recensione

Francia, 1348. Guerra, Inquisizione e Peste stanno dilaniando il paese: preparatevi a essere coinvolti in un’esperienza di morte e resurrezione come poche altre

Amicia può utilizzare vari oggetti per la fionda, dai sassi a proiettili in grado di avvelenare o esplodere.

Qual è l’obiettivo ultimo di un film, libro, videogioco o di qualsiasi medium d’intrattenimento? Emozionare. In positivo o negativo non importa, l’importante è che riesca a suscitare una reazione emotiva nella persona che ne fruisce. Riuscire in un’impresa del genere non è semplice, in ambito videoludico le opere che ci sono riuscite non sono poche. Ci vengono in mente The Last of Us, This War of Mine e Life is Strange, o in tempi meno recenti Shadow of the Colossus, Heavy Rain e la saga di Silent Hill. La lista potrebbe continuare e in essa possiamo da oggi includere anche A Plague Tale: Innocence. Di questo dobbiamo ringraziare Asobo Studios, che dopo 15 anni passati a realizzare giochi su licenze Disney ha deciso di dedicarsi a qualcosa di decisamente più maturo.

L’avventura è story-driven, ma non mancano sezioni che concedono libertà di movimento e decisione.

La morte striscia

Siamo a metà 14° secolo. La Guerra dei Cent’anni sta dilaniando Francia e Inghilterra. La mancanza di cibo uccide decine di persone ogni giorno, ma ancora più pericolosa è la Morte Nera, la Peste, che si sta diffondendo velocemente. I ratti sono il simbolo di questa malattia in A Plague Tale, un’orda squittente che segue come un’ombra i protagonisti della storia. Si chiamano Amicia e Hugo, fratello e sorella costretti a sopravvivere con pochissime risorse e la minaccia di una morte terrificante sempre poggiata sulle spalle. Uno scenario da incubo che vi colpirà come un maglio e non vi lascerà andare fino alla conclusione della storia. Perché i videogiochi non sono solo idraulici che salvano principesse e mondi incantati. Come si innesta il gameplay in un quadro così emozionante? Il rischio che qualcosa strida o distragga dalla storia è reale, ma anche in questo A Plague Tale sorprende. Le soluzioni adottate per rendere il giocatore partecipe sono semplici ma si incastrano in modo del tutto naturale in un costrutto narrativo sicuramente non facile.

Il mondo in cui vi muoverete regala una sensazione di consistenza quasi palpabile. Davvero notevole.

Giocare d’astuzia

La fanciulla che controllerete per la maggior parte del tempo non è una guerriera, non ha un’armatura e una spada lucente. Deve farsi avanti con quello che ha, pochi stracci addosso e una fionda. Il resto lo farete voi usando il cervello. Sì, perché non è questo il gioco in cui vale la regola “senza macchia e senza paura”. Gettarsi alla cieca in uno scontro vi porterà solo ad una morte prematura e dolorosa. In tutto questo dovrete anche fare attenzione ai ratti. Sono la personificazione del male che non può essere sconfitto ma solo rallentato… dalle fonti di luce. Dovrete sfruttarle o crearle da zero per tenere lontani i roditori e proseguire verso la salvezza. A volte dovrete prendere decisioni dolorose, come il sacrificare la vita di un nemico (pur sempre un essere vivente) per salvare la vostra. Dovrete anche prendervi cura di Hugo. Il vostro fratellino è ben più di un NPC messo lì per fare numero, dovrete tenerlo sempre d’occhio ed evitare di lasciarlo indietro perché potrebbe spaventarsi e mettersi/vi in situazioni pericolose.

È proprio in questo che il titolo Asobo eccelle. In passato abbiamo già convissuto con la morte in tempo di guerra, fortunatamente virtuale, basti pensare al già citato This War of Mine. In A Plague Tale però la presenza del dolore e il desiderio di sopravvivenza è ancora più palpabile e travalica il confine imposto dalla barriera dello schermo davanti al quale vi troverete.

Ricordate che la luce è vostra amica e tiene lontani i ratti, al tempo stesso però vi rende visibili.

AAA Indie? Si può fare!

Non è un caso che per la promozione del gioco sia stato scelto Sean Bean. Oltre ad aver doppiato un paio di videogiochi in passato, l’attore britannico interpretò nel 2009 un cavaliere ai tempi della peste bubbonica e per questo titolo ha prestato la sua voce ad una bellissima poesia di William Blake. Poesia, quella raccontata da A Plague Tale è proprio una poesia. Tormentata, spaventosa e macchiata da sangue nero, ma incredibilmente viva e a suo modo dolce. Siamo di fronte ad un “prodotto” di rara bellezza, che funziona come gli ingranaggi di uno degli Omega Seamaster indossati da James Bond e gira tra l’altro su un engine “fatto in casa” che mette in mostra soluzioni tecniche di livello, apprezzabili anche su una PS4 standard. Una lezione di cura e perizia che molti studi più grandi e blasonati dovrebbero imparare.

Il cerchio iniziato cinquanta righe fa si chiude con un consiglio che viene dal profondo, quello di non bollare A Plague Tale come semplice videogioco. Il mezzo è quello, certo, ma il fine ultimo va ben oltre il semplice passatempo videoludico. Asobo vuole farvi vivere un’esperienza che non svanisca con il prossimo disco che inserirete nella vostra console. Non mandatela sprecata.

Produttore: Asobo Studio

Distributore: Focus Home Interactive

Lo puoi giocare su: PS4, Xbox One, PC