Una breve apologia del sexting | Rolling Stone Italia
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Una breve apologia del sexting

Ovvero, tutto quello che dovete sapere e potrebbe succedervi mentre con una mano digitate e con l'altra fate altro

Una breve apologia del sexting

Che mi piaccia fare sesso non è un segreto, che adori parlarne neppure, ma impazzisco per il sesso virtuale, quello che oggi conosciamo come sexting. 

Tanto per cominciare ci sono alcuni accorgimenti per rendere il sexting più piacevole e disinvolto in modo da goderselo davvero. Il primo è prediligere applicazioni come Telegram – che per esempio dà modo di avviare chat segrete all’interno delle quali impostare, se lo si desidera, un timer di autodistruzione dei contenuti; permette di impedire di fare screenshot e salvare le foto inviate nella chat; permette di cancellare definitivamente la chat per sé e per l’altra persona. Un ulteriore punto a favore di Telegram è che per iscriversi non è necessario scambiarsi il numero di telefono ma solo dirsi con quale nome ci si è registrati.

Un secondo accorgimento è nascondere il viso e i segni di riconoscimento – per esempio i tatuaggi – nelle foto che ci si scambia. Volendo si potrebbe marchiare le foto con il nome della persona a cui le si manda, in modo da tale da poter risalire al responsabile in caso vengano diffuse su internet. 

Fatte queste premesse – che stanno al sexting come le protezioni stanno al sesso vero e proprio – posso affermare che, se il sesso virtuale è fatto con cura, dedizione e si crea la giusta intesa con il/la partner, possono venire fuori dialoghi di portata pornografica epica.

Nella mia esperienza in fatto di sexting (fatto sempre e solo con uomini) ci sono una serie di leitmotiv che ricorrono in quelle situazioni. Il primo riguarda l’interlocutore: c’è quello che vuole foto e/o video a mitraglietta; quello che preferisce alternare le fantasie messe per iscritto con foto e/o video; quello che preferisce la forma scritta. Il secondo riguarda le foto che vengono richieste: alcuni vogliono foto di genitali, seno, sedere, occasionalmente la bocca; altri preferiscono immagini evocative, seducenti ma non necessariamente esplicite. E poi ci sono quelli che vogliono i video in cui ti masturbi. 

Un terzo tema ricorrente riguarda le tipologie di approccio alla materia. C’è chi inizia “a freddo” esplicitando immediatamente le proprie fantasie; chi la prende alla lontana cominciando con chiacchiere informali per poi avvicinarsi sempre più; chi inizia flirtando – personalmente la modalità che preferisco – perché l’intento è chiaro, ma non brutale. Un altro leitmotiv è sui contenuti testuali (contando che, ameno per me, la correttezza dello scritto è essenziale per la soddisfazione): in questo caso si va dai contenuti più mainstream, una sorta di Pornhub in forma scritta, alle risposte lapidarie di una persona che si sta evidentemente masturbando mentre tu scrivi, a contenuti crossover che sono un mix tra letteratura zozza e poesia aulica.

A dispetto di quanto si potrebbe immaginare, il sexting non è necessariamente un preludio al sesso con la persona con cui lo si fa e il rapporto sessuale non è una sua diretta conseguenza. Anzi, proprio da una recente ricerca del Dipartimento di Scienze Psicologiche della Texas Tech University è emerso che alcune persone coinvolte nell’indagine lo fanno come preliminare, altre per ricevere rassicurazioni da parte del partner sullo stato della loro relazione, altre ancora come favore in cambio di qualcos’altro (non necessariamente di natura sessuale). 

Ovviamente tanto nel sexting quanto nel sesso vero e proprio valgono le stesse regole di base: consenso, rispetto, ascolto, empatia – con in più la possibilità di poter rappresentare e condividere fantasie che magari non si ha intenzione o non si possono mettere in atto. Per il resto, godetevela!