Un weekend a Doha tra archistar, villaggi culturali e Katy Perry | Rolling Stone Italia
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Un weekend a Doha tra archistar, villaggi culturali e Katy Perry 


Aria condizionata, parquet in metropolitana e musei di lusso: siamo stati al primo concerto nella capitale del Qatar della popstar di ‘Roar’

Un weekend a Doha tra archistar, villaggi culturali e Katy Perry 


Lo skyline di Doha, foto di Nadine Rupp/Getty Images

Resterà deluso il mio compagno d’avventure indiano che, appena atterrati presso lo scintillante aeroporto di Doha – «il quarto più bello del mondo», come precisa la simpatica hostess che mi accoglie – chiede all’autista che ci porterà in hotel se «conosce qualche club dove passare la notte a distruggersi». Lui ci guarda, fa finta di pensarci e continua a guidare sulla superstrada che collega Hamad alla città. Forse Sahaj, questo il suo nome, si immaginava di atterrare in una sorta di Dubai 2.0, tutta palazzi da guinnes, discoteche e evasione fiscale.

I palazzi ci sono, i club pure, l’evasione non saprei. Quello che è certo è che Doha vuole diventare riferimento per un turismo decisamente più rilassato, soft, per famiglie. E per farlo si lavora duro. Tutto è incredibilmente lussuoso, nuovo, in alcuni casi ancora incellophanato. L’hotel in cui alloggiamo, il Park Hyatt, ha aperto due settimane prima del nostro arrivo. La nuova metropolitana a novembre e, proprio come la linea Lilla di Milano, è anch’essa sprovvista di conducente. I punti in comune purtroppo terminano qui, a meno che Beppe Sala non abbia l’intenzione di investire sulla posatura di parquet color noce tra le fermate di Zara e Cenisio. «Non esiste rush hour» mi dice un’amica che abita a Doha. «Ci sono troppi treni». Beati voi, viene da dire pensando alle ascelle in faccia con cui ci tocca convivere ogni mattina.


Foto di Matthew Ashton – AMA/Getty Images

Il lusso è ovunque, anche per strada, tra i cantieri e le scritte opening soon sulle vetrine dei negozi che stanno sorgendo nei quartieri più posh. «Là dove c’era sabbia ora c’è una città», canterebbe il buon Adrian.

E infatti, dove fino a poco più di 30 anni fa c’era il deserto ora sorge una metropoli agguerrita, ricchissima e piena di arte. Gran parte del merito va agli architetti di fama mondiale che hanno trasformato la città in un museo a cielo aperto. Li hanno chiamati tutti: Jean Nouvel, Zaha Hadid, Rem Koolhaas e Ieoh Ming Pei, che ha progettato il Museo d’Arte Islamica, situato a metà tra la parte ‘vecchia’ – relativamente, appunto – , e quella ‘nuova’, con una vista perfetta sullo skyline della città: «È situato in una posizione strategica, perché l’Islam è un ponte tra passato e futuro», mi spiegano. O il Katara, il ‘villaggio culturale’, un luogo costruito per favorire lo sviluppo e gli scambi tra culture. C’è anche un anfiteatro che ospita eventi: «È il nostro Colosseo» dice la guida. Sorvoliamo sul fatto che sia stato costruito nel 2010. Da lì si può fare facilmente un salto anche in spiaggia, ma niente bikini: «C’era il rischio che i bambini vedessero le donne in topless», mi dicono. Pare sia peggio del Corona Virus.

Tornando all’arte, è imperdibile il Museo Nazionale, ospitato in un edificio realizzato sulla base della Rosa del Deserto. Il progetto è porta la firma Nouvel, architetto che ha progettato il Louvre di Abu Dhabi. Un luogo dove poter ripercorrere la storia del paese, dall’età della pietra al boom industriale in seguito alla scoperta del gas. Fino alle trasformazioni degli ultimi anni. Come la costruzione della Facoltà di studi Islamici, tra le opere che più difficilmente scorderete di avere visto e che si erge su cinque grandi colonne che rappresentano
 altrettanti pilastri dell’Islam. Guardate qui:
Menzione speciale alle 
scritte del Corano che decorano le superfici esterne. Da vedere.

Un po’ come è da vedere l’ex Caserma dei Vigili del Fuoco, trasformata in un luogo dedicato all’esposizione di opere contemporanee. Quando la visitiamo c’è una una mostra di Kaws, artista di NYC famoso per le sue riproduzioni, talvolta macabre, dei personaggi dei cartoni animati.

Quindi sì, Doha sta puntando tutto sulla cultura, senza dimenticare che nel 2022 ci saranno pure i mondiali di calcio. Quattro stadi già pronti, quattro ancora da costruire. Si gioca d’inverno, perché d’estate le temperature sono troppo elevate. Per tutto il resto, la risposta qui è sempre una: «C’è l’aria condizionata». Giusto, con buona pace di Greta Thunberg.

Foto di Maja Hitij/Getty Images

Vivere qualcosa di più tradizionale sarà possibile nel Souq Waqif, mercato centenario dove trovare spezie, cibo, profumi, artigiani e negozi di souvenir. Un labirinto nel quale è divertente perdersi e assaggiare cibo, frutta, dolci. Insomma, a Doha c’è un po’ di tutto. Anche Katy Perry, che vediamo in concerto con la sua primissima data in medioriente.

Katy infatti è una delle protagoniste di Qatar Live, evento firmato Qatar Airways e Qatar National Tourism Council che porta le stelle della musica mondiale nella città. Oltre e lei ci sono Maluma, Maroon 5, ma anche Cheb Khaled, cantante tradizionale algerino. Concerti in linea con lo spirito della città, sempre a metà tra tradizione e novità, e che sono solo l’assaggio delle tantissime iniziative che riguarderanno il paese nei prossimi mesi (per questo, consigliamo di tenere d’occhio le offerte che la compagnia rende disponibili sul sito ufficiale).

Katy Perry entra in scena vestita di nero e rosa e inizia a cantare tutte le sue hit: ROAR, Teenage Dream, TGIF. Il pubblico impazzisce. «È il mio primo concerto qui», urla la popstar. «Ora vorrei cantare il mio singolo che parla di baciare una donna. Posso o succede qualcosa?». E così, con questa battuta di Katy che battuta non è, si chiude la mia esperienza a Doha. Riparto con la certezza che, a questi ritmi, quando tornerò la città sarà cambiata moltissimo. Spero non solo dal punto di vista architettonico.